Album di bellezza ricostruita a tavolino, questo dei belgi The Go Find: un'indie-tronica dai toni delicati e soffusi, come la voce estremamente sorvegliata del tuttofare Dieter Sermeus. Si viaggia a metà tra le nostalgiche melodie degli ultimi Death Cab For Cutie, recuperando i Grandaddy, toccando qua e là i Piano Magic meno oscuri, sfiorando certe caramelossità intimistiche alla Aqualung, intravedendo sullo sfondo i Notwist. Musica a tratti minimale, molto sobria, controllata, ma senza essere in punta di forchetta.

Disco notturno, oppure di giornate appartate, protette da un'ovatta tranquillizzante, un po' plasticosa. "Dictionary" sfoggia da subito gli elementi del disco: melodie orecchiabili, arpeggi elementari che ben si mescolano con i fraseggi delle tastiere. Qui, davvero, Death Cab duplicati. Lo stesso dicasi per "New Year", a ribadire come i toni di questo disco siano il giallino, l'azzurro, le sfumature, o forse un bianco quasi asettico, un beige-mocassino, che non toglie a questo pezzo un fascino dimesso.

L'introversione della band di Anversa non è autistica o patologica (alla Piano Magic), ma piuttosto serena, benefica, pacificante. Delizioso, in questo senso, il sapore un po' eighties di "Adrenaline" (menzione per il ritornello squisito: il pezzo migliore). Interessante che ci sia spazio per due pezzi di puro folk, tra Tom Brosseau e Xavier Rudd: "Downtown" è quasi sottovoce, "Monday Morning" sa di America, con coloriture country. Le due scarnificazioni non mutano, comunque, l'atmosfera del disco, che offre brani lunari e stupiti, scanditi da arpeggi ipnotici ("Ice Cold Ice": da dondolo in un terrazzo estivo) e altri brevi gioielli di un pop da cornicette delle elementari ("25 Years").

Il rischio è quello di annoiarsi della propria stessa malinconia, ed è un rischio che si fa sentire soprattutto verso la fine dell'album, dove sono ammassate le tracce più spente e quando comincia a farsi avvertire il desiderio di darsi una mossa. La dolce paciosità dei The Go Find è imperturbabile come un fiammingo a cui pesti un piede e ti dice grazie. Non c'è nulla da fare: la stelle sul muro le sanno disegnare meglio di chiunque altro. Ma, cazzo: sono disegnate su un muro. 

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