Ecco, se dovessero chiedermi: "qual è il disco che porteresti via con te per sempre?" Ecco, quel disco sarebbe certamente quello che sto per descrivere qui di seguito. Non vi nascondo che ci sono altri molti dischi che mi hanno riempito il cuore e formato le orecchie, ma questo li racchiude tutti . Non vi nascondo neppure che questa è la mia prima recensione e sono un po’ agitato.

“Ma no, ma perché ti agiti? Su tranquillo senza paura, spara, non esitare!! Vuoi una mano? La difficoltà maggiore è iniziare. Ti introduco io con una domanda? dunque… cominciamo con le cose semplici e banali: perché eleggi il primo album dei God Machine a tuo disco culto?” Perché "Scenes From The Second Storey" è la somma delle emozioni che si possono provare nella vita e passa come una saetta con tutta la sua potenza iniziale dalle orecchie per poi guardarti dentro da vicino, da molto vicino. Io non mi preoccupo di questa vicinanza, non mi altero per questa invasione di campo. E’ un disco onesto, è puro ed è stramaledettamente sofferto… ho deciso che mi lascerò scrutare, anzi sarà lui ad indicarmi in quali angoli del mio corpo indagare. ". . Talk to yourself listen because no else will. . " ed il viaggio è iniziato, cadenzato dal passo di una batteria che procede marziale ed impettita come un soldato dell’ esercito turco-mongolo, le chitarre si lamentano e sono scudisciate che fanno male, il basso impone il suo ritmo cardiaco, "Shine Your Star" ma ricorda, ricordati di chiudere la porta dietro di te e tieni il pericolo lontano, caccialo via. Ci sei tu ed il tuo amico immaginario, state fissando la vostra dream machine… . osserva ma non dire a nessuno ciò che vedi… .

"Hide Your Love Hide Your Love"  il suono si è fatto più confuso e tutto è più veloce. Il colore è un viola un viola vellutato che distende è il viola di velluto d’ una domenica mattina. Anche la seconda traccia percorre un sentiero sonoro di poco dissimile, anzi prosegue con toni forse ancora più plumbei il viaggio in un universo tortuoso così bene rappresentato dall’ immagine di copertina. (. . che chissà mai perché, ho sempre immaginato fotografasse un altopiano dell’ Asia Centrale!!. . ) L’ intro acustica di "The Blind Man" lascia intravedere uno spiraglio di pace sonora per poi ripiombare in un inferno di sangue impastato con la terra secca; l’ inferno di chi non ha gli occhi per vedere ed è stanco "…

I’ m tired of waiting I’ m tired of waiting". Il colore della canzone è il nero "as dark as you need..." "The Desert Song" mi fa venir voglia di ballare e muovermi al lento incedere di una percussione profonda cadenzata dal battere impazzito di uno sciamano, nel bel mezzo di una notte stellata. Il colore della canzone è il giallo oro ed io sono tra le dune del Sahara, a Merzouga. . "Home" si apre e si chiude con un coro di voci bulgare che apportano al disco un carattere etnico davvero inaspettato ed introduce la dolcissima "It’s All Over", con la quale cullarsi e prendersi una pausa prima dell’ energica impennata sonora lisergica di "Temptation"; cinque minuti di magma strumentale sonoro davvero irresistibile. "Out" ed "Ego" ricalcano gli stilemi sonori dell’ album con chitarre affilate, basso-batteria potenti, e una voce magnetica così dolce da incantare. "Seven" si erge e svetta dall’ alto dei suoi quasi diciassette minuti come un monolito dalle mille facce; a tratti dolce come una nenia con la quale docilmente prender sonno, a tratti schizofrenica e senza controllo con i piatti della batteria che impazziti urlano a squarciagola "please don’t poison me please don’t poison me with your bitterness. . ". Un dolcissimo trip sonoro in stile free-form conclude il pezzo. "Purity" è quasi barocca nei suoi arrangiamenti minuziosi ed è bello perdersi nel suono elicoidale che producono cello, viola e violino… tanto "it’ s the same all over" .

Conclude l’ album "The Piano Song", canzone che avrebbero potuto comporre i miei amatissimi Black Heart Procession, anch’ essi originari della ridente (!) San Diego; una docile ballata a suon di piano con eco di rumori di sottofondo. Rumori del tutto simili a quelli prodotti dai rami secchi quando si spezzano. E’ la natura che fa capolino e ci riporta con i piedi per terra; sono passati settantotto minuti ed ho fatto un viaggio molto interessante. Amo questo luogo e ci ritornerò spesso.

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