I neri hanno il ritmo nel sangue, gli inglesi il thè, i canadesi l’indie (no racism intended). Volete una dimostrazione? Ma cuccatevi i Golden Dogs, ennesimo ottimo gruppo emerso dalle mandrie di caribou disperse tra gli aceri innevati.
Il quintetto di Toronto al terzo album si conferma un’isola felice di puro pop old school che non disdegna più moderne coralità camuffate a dovere. La grazia di band come queste sta tutta nell’evitare di suonare anonimi, capita così che ascoltando dischi pacatamente belli come questo, il sentimento prevalente sia la meraviglia. I Golden Dogs suonano infatti come migliaia di gruppi ed al contempo come nessuno, riescono a tracciare nuove coordinate su rotte già segnate dal tempo. Potrà capitarvi così di sentire i b-52 oltre ai soliti Beatles; i Radiohead, i Queen, Grandaddy oppure gli Wilco. Due ex componenti della band (che hanno oltretutto registrato quest’album) fanno guarda caso parte degli Zeus, altra bella sorpresa rock del nordamerica.
Non siate superficiali nell’approccio con i cani dorati. Lasciatevi disorientare, assaporate un calderone di arrangiamenti sopraffini, riff divertenti mai banali, ritmiche energiche e tastiere singhiozzanti. Che questi musicisti amino con ogni cellula del proprio essere quello che compongono è chiaro anche dall’anima che mette nei suoi strilli il frontman Dave Azzolini.
Si parte coll’irriverente power-soul “Dear Francis”, si prosegue con “Dark Room” che rimanda ai dEUS che furono, la leggiadria surf twist di “As Long as you Like” e si culmina con “Weapon”, capolavoro che fonde magicamente dolcezza e rabbia. E’ la volta delle tinte fosche di “Cheap Umbrellas”, simili a quelle di band postpunk come le Long Blondes. Atmosfere melodiche e acide avvolgono rispettivamente “Travel Time” e “Underwater Goldmine”. A riportarci sui binari della spensieratezza ci pensano “Lester” con un ritornello che pare uscito da “Melody of Certain Damaged Lemons” e “When The Movie’s Over”, dove Gwen Stefani si mette a cantare per le Throwing Muses. “Burst”…e i primi No Doubt? Ma suvvia, continuiamo a saltare e sperimentare con “Permanent Record”.
Gustatevi ogni secondo di questo bel cd. Sarà demodé, sarà tutto ciò che vorrete, ma più semplicemente è imperdibile.
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