Se avete subìto un abbandono, oppure la vostra dolce metà vi ha lasciato soli al vostro destino, allora questo disco fa apposta per voi. Per dare un briciolo di conforto a chi ha interrotto bruscamente un rapporto, John Rzeznik, il frontman dei Goo Goo Dolls, ha messo in “Gutterflower” tutte le tristi emozioni causate dalla separazione con la moglie, in maniera da condividere con i fan del gruppo le stesse sensazioni. Detto così si potrebbe pensare ad un album cupo, composto da una manciata di ballate malinconiche e senza nerbo. Tutto il contrario invece, perché Rzeznik ha prodotto tracce ariose e musicalmente “positive”, proprio per esorcizzare il dolore e lasciarselo alle spalle. Il risultato è un disco dalla lirica decisamente molto riflessiva, associato però alla stessa venatura rock marchio di fabbrica del gruppo di Buffalo.

“Gutterflower”, uscito nel 2002 a quattro anni di distanza da “Dizzy Up The Girl”, non fa assolutamente rimpiangere il suo celeberrimo predecessore, e si colloca di conseguenza fra le opere meglio riuscite dei Goos, quella della maturità. Chi li ha conosciuti per il loro singolone Iris (e credo che almeno in Italia molto della loro fama sia dovuta alla ballatona del film City Of Angels) troverà in “It’ s Over” le stesse vibrazioni. “I can't stand without you… and I won't find the answers when you're gone… But it's over to you”… canta Rzeznik, esternando il proprio lamento anche nella speranzosa opener “ Big Machine” - un tuffo al cuore già al primo ascolto - e nel primo singolo “ Here Is Gone” , una midtempo che esprime voglia di libertà e di guardare avanti: la quiete dopo la tempesta. Più rabbiosa invece “ What Do You Need?” (“Why do we need to turn it on? Why does it always feel so wrong? What do you need from me tonight? The truth is so complicated now… You feel so free to say… You’re wrong, you’re wrong…”), mentre è una gemma acustica “Sympathy”, nella quale ancora una volta il cantante riflette sul rapporto andato a rotoli.

Dal mio punto di vista il disco scade invece quando il microfono lo prende il bassista Robby Takac (uno dalla pettinatura improbabile): sue le canzoni dal sapore punk che si rifanno ai primi Goo Goo Dolls (il gruppo è infatti sorto sul finire degli anni ‘80), ma quella voce stridente a lungo andare può diventare fastidiosa. Unica critica, per un album che regala musica di facile ascolto per tutte le orecchie ed emozioni garantite. Perché chiedere di più? Voto 7,5

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