Prima che i The Good Life diventassero uno dei gruppi più interessanti del panorama Indie Rock made in Nebraska, il progetto in questione era soltanto un embrionistica creatura del carismatico Tim Kasher (già chitarrista e cantante dei più pesanti e punkeggiosi Cursive), che con l'occasionale aiuto di alcuni amici musicisti, portava avanti il progetto praticamente da solo, modalità con cui nel 2000 sforna il primo grandioso album "Novena On A Nocturn", edito su Better Looking Records.

Lasciate da parte chitarre distorte, batterie in levare, e le spruzzate folk del progetto parallelo, Kasher adesso preferisce destreggiarsi su campi differenti, sfornando in primis un fresco songwriting personale ed intimistico, ma soprattutto esplorando molteplici generi e mettendo in vetrina tutte le preferenze-influenze musicali che lo hanno formato, concept su cui si basa questo originale lavoro, che si muove tra drum machine minimali/distorte ("A Golden Exit"), influssi synthpop, glitch ed intensi archi bristoliani (l' oscura "Twenty Two"), organi e tastiere evocative ("An Acquaintance Strikes A Chord"), ed atmosfere soffici e vellutate ("What We Fall For When We're Alrea"), che sostengono l'indiscussa ecletticità del camaleontico Tim, che si prende anche la licenza di scomodare spesso e volentieri giganti come David Gahan o i fratellini Gallagher, (come nel caso della sognante "A Dim Entrance" e i suoi superbi accompagnamenti), o il cotonato Robert Smith, (vedasi la suggestiva "The Competition", in cui lievi note di piano si alternano all'imponente interpretazione sentita e sofferta del talentuoso Kasher). Il cantautore tuttofare di Omaha non ci risparmia arrangiamenti più impegnativi, e prestazioni vocali sopra la media, (doveroso citare la suadente "The Moon Red Handed", col suo ritornello carico di pathos, e la meravigliosa "Your Birthday Present", tra gli highlights di questo disco di appena 37 minuti).

Novena On A Nocturn lo definiamo fondamentalmente indie-rock, ma sia chiaro, lunge da certi prodotti tutti uguali e stereotipati che sono soliti essere pubblicati da improvvisate band di quartiere, Tim fa tutto da solo, l'imponente lavoro e ricchezza che si cela dietro l'album (proponendoci anche una produzione-mastering-mixing-suono di indubbio spessore), lasciano soddisfatti. Col progetto The Good Life si aggira con dimistichezza persino tra freddi paesaggi darkeggianti-new wave che schiacciano l'occhiolino ai già citati The Cure, The Smiths, atmosfere delicate, riflessive e notturne, proprio come la sola visione della singolare copertina farebbe intuire, (in tal caso "Waiting On Wild Horses", con un Tim ancora in notevole stato di grazia, ne è l'esempio più concreto).

Insomma, un album ricco di buoni spunti, certo la presenza di un malinconico ricorrente fare ballad e "mellowoso" potrebbe alla lunga risultare pesante, e sono sincero, anche io ebbi questo impatto la prima volta che mi imbattei sull'album, ma col tempo, ed attenti ascolti, questo disco ha saputo prendermi (pur non essendo particolarmente appassionato del genere). Le varie valutazioni piene che accomunano le webreview dell'album ci stanno, il sottovalutato e mai troppo discusso Kasher ha saputo creare veramente un ottimo lavoro, e anche le release seguenti non saranno poi cosi male, sebbene inferiori al qui trattato debutto. Tuttavia un 4.5, complici alcuni rari momenti anonimi che non convincono appieno, ma se avete voglia di qualcosa di "musicalmentenuovo" (malgrado la pubblicazione risalga ad 8 anni fa), optate per questo album, non vi deluderà.

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