Seguitemi, voglio presentarvi una signora.

Quella sulla destra è Kat o, come lei preferisce farsi chiamare, La Grande Kat. Perché è così arrabbiata? Ah, non chiedetemelo. So solo che in ogni foto pubblicata sul suo sito (di cui consiglio caldamente la visione) sfoggia il suo ghigno/urlo satanico, tanto da dare l’impressione che, come il Joker di Batman, abbia la mascella bloccata in quella posizione perennemente. Strano personaggio questa Kat.

Lei crede di essere una semidivinità, vera messia della nuova musica classica e diretta discendente dei grandi compositori. Laureata alla Juilliard School in violino, per la serie ogni megalomane di questo mondo prima o poi imbraccerà una chitarra, anche lei decide presto di dedicarsi allo studio della sei corde, al fine di riproporre in chiave elettrica i temi classici a lei più cari. Spesso soprannominata la Malmsteen in gonnella erediterà dallo svedese la passione per le esecuzioni ultraveloci, ma con questa differenza: mentre Malmsteen sembra amare i vari Bach, Vivaldi, Paganini, tanto da chiamare suo figlio Antonio, in onore di Vivaldi, lei si diverte a violentare, stuprare i grandi compositori classici, privarli della loro dignità quali patrimonio dell’intera umanità.

I suoi album hanno titoli di questo tipo: "Beethoven on speed", "Blody Vivaldi", "Wagner’s War", "Rossini’s Rape", in modo da far presagire all’incauto ascoltatore cosa gli aspetta. Sulla scena dalla fine degli anni ’80 è con l’album "Beethoven on Speed" che otterrà un certo successo, ma più che per le composizioni in esso contenute per gli atteggiamenti al limite del fetish che la Kat mostra durante i concerti e per le interviste rilasciate a questo punto non saprei dire se con il benestare del direttore del manicomio.
In circa mezz’ora la Kat perpetua uno stupro di gruppo nei confronti della musica di Beethoven di cui alcune aree vengono riproposte in chiave speed metal, accompagnate da alcune composizioni di Kat i cui titoli dicono tutto: Kat abuse, Ultra dead, Gripping obsession. Per dimostrare che lei è la chitarrista più veloce della terra si cimenta anche in due opere che con Beethoven hanno poco a che vedere: il Volo del Calabrone ed il Capriccio n. 24 di Paganini, due tra le aree più abusate di sempre.

Lei, da un punto di vista esecutivo ha solo velocità, senza un briciolo di controllo, all’insegna del più completo caos musicale. I contenuti di questo disco sono talmente mediocri da pensare che i capoccia della Roadrunner si siano bevuti il cervello nel pubblicare una tale indecenza, ma come sappiamo le strategie di marketing sono molto più importanti dei contenuti e la speranza che un sifatto personaggio facesse breccia nei cuori dei brufolosi teenagers metallari giustificavano tali decisioni.
Presa a pernacchie ed insulti da mezza stampa specializzata la Kat non si è persa d’animo, pubblicando altri dischi e video didattici, sempre all’insegna del sadomaso estetico e musicale, sempre a cercare attenzioni che oramai sembra non riservarle più nessuno, né la stampa né i brufolosi teenagers .

Ma per chi volesse farsi quattro risate i suoi dischi sono lì, a portata di mano. The Great Kat, ovvero il lato indecente del metal.

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