Jeffrey Lee Pierce è stato uno dei più grandi interpreti del blues. Anzi, più che interpretarlo è stato uno che il blues lo ha vissuto fino in fondo, la musica del demonio scorreva nelle sue vene.
I Gun Club suonavano un punk incendiario pur avendo i piedi ben saldi nella tradizione americana: country, blues e musica del profondo sud, con un particolare occhio di riguardo a Jim Morrison e alla sua visceralità interpretativa.

Death Party è un EP dell'83, il terzo lavoro dopo l'incredibile esordio (uno dei massimi capolavori della musica rock) e il mezzo passo falso di Miami. Segna un ritorno ad uno stile più grezzo e ad un'atmosfera più maledetta che era andata un po' perduta e bla bla bla. . . . . Sì, ma com'è che suona?
Bé, quando lo metti nello stereo. . . prende fuoco. Letteralmente.

"Death Party" è uno sferragliante blues di sei minuti dotato di un'energia pazzesca. Parte con una scarica di feedback e si lancia a rotta di collo nella ripetitività più psicotica; quando arriva l'assolo di chitarra, è una cannonata che rade al suolo la stanza. Chiamarlo assolo è forse fuorviante, non ha niente a che vedere con le banali raffinatezze di Clapton; è semplicemente una mitragliata, una raffica impazzita.
Giusto il tempo di riprendere fiato e "The Lie" incendia la tappezzeria, il tappeto e la scrivania fino a che intorno a voi non sono che macerie e ceneri fumanti. "The House On Highland Ave. " è l'unico attimo di respiro, una canzone vecchio stampo con un motivo a dir poco memorabile che ti si marchia a fuoco nel cervello. Poi si ritorna nei territori del blues più incalzante, tra psychobilly e roots-rock, con un vago gusto post-punk debitore dei Pere Ubu. Ma ora basta con le descrizioni, Death Party è fantastico, tutti lo sanno!

J.L. Pierce aveva un carisma maledetto, il fascino di chi ha venduto l'anima al diavolo. E con una voce così magica e un talento così eccezionale, scommetto che l'ha fatto davvero. Probabilmente in qualche sorta di rito vodoo.
Era uno stregone, uno sciamano e un cowboy. Si avventurava senza paura nel lato oscuro dell'animo umano, nei misteri della giungla, guardava dritto negli occhi il demonio. Ci sono altri che lo hanno fatto ma mai nessuno ha trasposto in musica quel viaggio con una passione così dirompente. E Jeffrey Lee Pierce era fuori di testa, eccome se lo era. Eppure aveva una lucidità mentale invidiabile e una chiarezza di intenti sovrannaturale, misteriosa. Purtroppo con gli anni ha perso la sua visione e si è abbandonato agli eccessi, come tormentato da una maledizione. Ha lottato, contro la droga, contro l'alcol, contro il mondo; più e più volte ha subito colpi durissimi, infine è caduto. Si è spento il 31 dicembre 1996 per emorragia cerebrale.

My heart is broken so I'm going to hell, cantava nell'81. Sarà vero?

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