Eccoli finalmente i gemellini del suburbio: niente meno che Mark Lanegan e Greg Dulli [1]. Ed ecco, dopo lunga attesa, il loro primo album ufficiale: "Saturnalia" [2].

Il disco, se non è un capolavoro, è comunque pregevole, e mi piace sempre di più ad ogni ascolto.

Nelle sue 12 tracce totali, ci sono naturalmente brani in cui predominano lo stile e il sound tipici dell'uno o dell'altro artista (Bete Noire e Who Will Lead Us? ad esempio sono propriamente Laneganiane; Circle the Fringes e God's Children invece Dulliane), forse con una leggera preminenza di Dulli su Lanegan.

Ma le cose migliori si ascoltano quando i due raggiungono l'equilibrio, segnando così l'originalità artistica del progetto; insomma, in alcuni passaggi la fusione è compiuta: né Lanegan né Dulli, ma The Gutter Twins, appunto. Sono i momenti in cui Dulli serpeggia sinuoso nella caverna oscura e profonda di Lanegan (il timbro di Mark arriva a toccare abissi insondabili); quando da una parte la vaga e sottesa nota di perversione della voce del primo completa con un tocco di oscenità lo sconforto dell'altro, regalandogli una nuova dimensione, uno spettro più ampio, un'ulteriore finestra di dolore, e d'altra parte la profondità di Lanegan addolcisce gli eccessi e gli spigoli vivi di Dulli. Peccato che la magia sia presente solo a intermittenza, e non segni l'intero album.

Come ci si poteva attendere, si respira in genere un'aria piuttosto cupa, e la musica riempie le orecchie come il fumo di una sigaretta senza filtro invade i polmoni. Nei suoi episodi più riusciti (The Stations, All Misery/Flowers, Front Street, Circle the Fringes) il disco è come la sua copertina, con te che ascolti seduto su una di quelle seggiole sotto un cielo opprimente che minaccia castighi divini, in un'atmosfera scura e dolente, carica di tensione per la tempesta promessa. Musica trattenuta che lascia solo intuire la propria forza potenziale. Per il resto un unico brano tirato e liberatorio (Idle Hands), un accenno di elettronica (Each to Each), blues sporco, l'ottimo canto di entrambi, tanto mestiere.

A mio gusto c'è in alcuni casi un eccesso di produzione, qualche barocchismo di troppo, tipo l'organo iniziale di God's Children, tutti quegli archi nel finale di Each to Each, o il canto degli uccellini che fa capolino ogni tanto.

Ma tutto sommato sono piccole cose.



[1] Ora, una recensione per lo meno accettabile, prima ancora di descrivere una sola nota di quest'album, dovrebbe rovesciare qualche carriolata di parole per ricordare chi sono e cosa hanno già fatto i due ragazzotti in questione. Fortuna vuole che siamo su DeBaser: i pochi che non li conoscessero possono così agevolmente farsene un'idea. In estrema sintesi: Mark Lanegan era il cantante e l'anima degli Screaming Trees, poi ha lavorato da solo, poi si è rotto di stare solo e ha cominciato a fare il prezzemolino, collaborando con Queens Of The Stone Age, Isobel Campbell, Soulsavers. Greg Dulli invece era il cantante e l'anima degli Afghan Whigs, e poi dei Twilight Singers. Da segnalare anche una collaborazione con i nostrani Afterhours.

[2] I Saturnalia erano un'antica festività romana in onore di Saturno, durante la quale veniva sovvertito l'ordine sociale (e.g. gli schiavi si comportavano da cittadini liberi), in mezzo a sacrifici e orge. Ma Saturnalia è anche il titolo di un'opera teatrale di Macrobio del V sec d.C. Saturnalia è anche il nome di un genere di dinosauri del Triassico. All'interprete l'arduo compito di decidere a quale accezione si riferisca il titolo dell'album.

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