Da qualche anno non aspettavo altro: un nuovo disco firmato Heliocentrics. Desideravo da tempo che il loro nome campeggiasse da solo su una di queste oniriche compertine. Ora, tranquillamente, con questa uscita di primo 2016 mi rivolgo a te caro Malcolm Catto, spremete via un po' di collaborazioni varie, per un pochetto basta fare da turnisti e co-firmare i vostri deliri in studio con altrettante nobili entità, perché si sa, voi dovete essere lasciati soli nel vostro sinusoidale stream of consiousness e nelle vostre informi jams che al jazz ed alla musica sperimentale in dieci anni hanno fatto solo un gran bene.

Non considerando i dischi collaborativi, From the Deep è il loro terzo LP e penso sia futile introdurre nuovamente questo conglomerato di incredibili musicisti, che meglio di altri hanno saputo spostare l'asticella delle sperimentazioni di jazz psichedelico. Quindi, un disco nato dall'inserimento di jams svolte nei Quatermass Studios (quà dentro si trova praticamente tutto Quatermass Sessions 1) e di brani nati al fianco del produttore Gaslamp Killer (Flying Lotus).

Grooves etnici, percussionismi assortiti, contrabbassi allentati, deliranti pianoforti, vibrafoni noir, echi e pulsazioni: il marchio Heliocentrics è tutto ben iniettato, racchiuso come da regola in molti e sfuggenti brani-sketches. Un puzzle composto da tante piccole parti, 19 brani in gran parte dalla misera durata, come un tour de force nei pressi di un buco nero, dove gli strumenti sembrano camminare nello spazio tra fili tesi ed atmosfere surreali.

Giungle di ghiaccio tra disparate galassie musicali, jazz extraterrestre e funk psichedelico d'avanguardia si perdono e sfumano dalla propria identità tra le innumerevoli contaminazioni: come gli altri dischi, questo è un lavoro su tante profondità, sia nell'emotività che nell'esecuzione. Forse la psichedelia pesa ancor più nella bilancia dei loro caleidoscopici suoni, ma dosare mentalmente le parti in questa massa eterogenea di brani totalmente free form non è sicuramente facile. Gli Heliocentrics sono un fluido che non ristagna, musica in cui annegare, indubbiamente tra la mia preferita degli ultimi dieci anni.

Per chi non conoscesse, a questo punto me la sento di consigliarli in toto partendo da qualunque possibile appiglio a disposizione in questo allucinato beverone di flauti, clarinetti, strumenti a corda, pennellate astratte di elettronica, psichedelia, funk e jazz sperimentale. Uh. Sono felice di ripetere quanto scritto tempo fa: Miles would be proud.

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