The Herbaliser indubbiamente è un gruppo da situare tra i grandi innovatori musicali dell'ultima decade, uno di quei nomi che hanno segnato la via del rinnovamento hiphop made in UK.
Proprio dieci anni fa usciva il loro primo disco Remedies (1995), seguito dal loro disco-capavoloro Blow your Headphones (1997) che ci proponeva uno strano melange di mid-tempo, ricercato funk, jazz, hip hop strumentale, lounging, djing, lavorando con la nuova scuola dei beat scientist londinesi.

Oggi il loro ritorno vuole anche rivendicare il merito degli stessi Herbaliser e della scena di Londra, d'essere loro gli eroi di questa new school che ha contaminato perfino gli Stati Uniti, difatti in Inghilterra queste sono questioni d'orgoglio molto sentite.

Non ho esitazioni, Take London è un grande album. Si inizia con l'intro-invito: "Take London now!". "Nah'Mean Nah'M'Sayin" segue in modo deciso con un hip hop urbano che non lascia scampo, paralizzante, dove la cantante Jean Grae è maestosa. Arriviamo al mondo orchestrale Herbaliser con "Song For Mary" che suona subito come un classico. Poi un onda mi travolge, si chiama "Generals", il suo flow è quanto di più massicio abbia mai sentito nell'hip hop ultimamente. "Gadget Funk" continua le danze spostandoci su frequenze funkedeliche. Poi riprende il flow urbano con il featuring di Cappo, altra scuola. Uno degli ospiti d'onore del disco è Roots Manuva, in "Lord Lord" porta il suo geniale contributo. Dall'hip hop ritorniamo all'orchestra magica con una sequenza di brani uno più bello dell'altro, per chiudere con un intelligente omaggio a Serge Gainsbourg.
This is a masterwork! Accattatevelo!




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