Quando ho scoperto Roland de Lassus (Orlando di Lasso: 1532-1594) una ventina di anni fa, credevo d’aver trovato il massimo della musica vocale polifonica, non solo del Rinascimento ma di ogni tempo. L’ascolto degli Psalmi Davidis Poenitentiales mi provoca ancora oggi ammirazione e commozione per la purezza e l’arditezza delle scelte contrappuntistiche e la bellezza della composizione, e fino a qualche mese fa non prevedevo di dover rivedere le mie personali classifiche di gradimento. Non avevo neppure voglia di intraprendere una lunga ricerca filologica alla ricerca delle radici della musica vocale polifonica, per arrivare poi almeno fino a ‘Lux Aeterna’ di Ligeti e ‘Quando Stanno Morendo’ di Nono, perché non credo di averne spessore e capacità ma solamente il gusto, il piacere dell’ascolto, e mi ero dunque adagiato su Orlando di Lasso eleggendolo a mio preferito, e per la musica vocale credevo d’essere più o meno a posto.

Poi, qualche tempo fa, mi sono imbattuto in un’incisione dello Hilliard Ensemble che mi era sfuggita, un vinile (e CD) del 1989 targato ovviamente ECM e dedicato alle opere di Perotin (Perotinus), che visse e compose a Parigi tra il 1160 ed il 1230, vale a dire circa un centinaio d’anni dopo la rivoluzione delle sette note musicali di Guido d’Arezzo (‘UT queant laxis / REsonare fibris / MIra gestorum…’). Ho deciso di slancio di fidarmi dello Hilliard Ensemble, formazione di suprema capacità interpretativa capace di scelte coraggiose e non canoniche (su tutte, la collaborazione con Jan Garbarek), ma credevo di ascoltare tutt’al più una pregevole versione del canto monofonico gregoriano - come periodo ci siamo - non avendo mai sentito parlare di questo Perotin. Mi son detto che palle, il canto gregoriano a me non piace, ma se proprio ne voglio avere un pezzetto nella mia discografia, che sia ECM e che siano loro a cantare.

Bene, vi invito a sentire qua https://www.youtube.com/watch?v=MI6e4Q11NeM e a trasecolare, come son trasecolato io nella quiete (altrimenti rara) della mia casetta.

Sono assolutamente abituato a leggere, ascoltare e discutere delle tecniche di phasing, di sfasamenti micro tonali, di musica ciclica, ma sono abituato a farlo con riferimento a Steve Reich, a John Adams, a Philip Glass, non alla musica del Millecento. Non potevo credere alle mie orecchie, e ho voluto documentarmi un poco, benché conoscessi il noto rigore filologico dell’Ensemble. Niente da fare: tutto vero, tutto originale, nessuna rielaborazione o arrangiamento.

‘Viderunt Omnes’ è il brano iniziale ed il migliore tra quelli prescelti per questo strepitoso omaggio ad un compositore che, francamente, mi vergogno di non aver mai neppure sentito nominare prima (e che diamine, persino quello sfigato di Salieri è rispettato ed inciso, e ‘sto Perotinus un paio di volte e quasi per caso?). Le onde sonore si inseguono e le sfasature si susseguono, e le voci acquistano uno spessore crescente e la forza della moltiplicazione e del reverbero naturale, e bisogna tener conto che quest’uomo la polifonia non la poteva conoscere, perché non esisteva. Esisteva la diafonia, la pratica dell’organum parallelo, che aveva cominciato a prendere piede dall’anno Mille (una robina semplice semplice) ma la polifonia a tre, quattro o cinque voci, quella la inventa proprio Perotinus elaborando alcune timide intuizioni del suo maestro Leonin, che però non aveva teorizzato e non aveva composto un bel niente e quindi non vale.

L’effetto di queste composizioni, una volta superato il gap di quasi novecento anni (!) che ci separa dalla sensibilità musicale di quell’epoca, è davvero sbalorditivo e modernissimo, e mi perdonerete se confesso la lacrimuccia irrefrenabile di chi scopre una verità, di chi percepisce un mondo ancestrale, di chi per qualche minuto si sente parte di una bellezza che non è morta neppure dopo mille anni. Ho vissuto un’esperienza indubbiamente spirituale, io che sono ateo materialista, ma anche lo stupore tutta culturale ed intellettuale (che c’è di male?) di chi sistema un tassello inedito, di chi apprende ed impara una cosa meravigliosa, ed ho partecipato al rito reverenziale dello Hilliard Ensemble mentre spiega al mondo quello che inspiegabilmente solo pochi sanno.

L’incisione è molto lunga, 67 minuti incisi su di un solo vinile di grande qualità (com’è costume della ECM) sembra un traguardo impossibile ma Manfred Eicher ci ha abituati al meglio. La versione CD è perfetta, una resa sonora soprannaturale per un disco da avere assolutamente, se solo si è minimamente interessati a capire, a percepire il momento in cui il nostro modo di intendere le relazioni tra le voci ed i vari strumenti è nato. Ogni brano è una scoperta, ogni brano ha una propria diversa personalità e caratteristica ed anche questo è insolito, felice scoperta tra le scoperte, perché la musica di quei periodi tende sovente ad essere tutta uguale (motivo per cui il già citato canto gregoriano dopo cinque minuti dà sui nervi praticamente a tutti).

Per quanto riguarda l’armonia musicale – ovvero tutto ciò che noi recensori DeBaseriani amiamo e rispettiamo, anche solo per negarla – questo è davvero il momento della creazione: pochi decenni prima, l’Alleluia gregoriano della messa cattolica, e scusate se mi dileguo; da qui in poi i contrappunti, le partenze sfasate, e poi tutto quello che verrà (il Barocco, gli autori inglesi, il Romanticismo, la musica contemporanea) su su fino alle melodie pop di Paul Simon e Art Garfunkel. Tutti devono tutto a questo Signor Perotinus, che ai suoi tempi era appellato il Grande, e di cui non c’è pervenuta (pare) che una sola immagine dipinta e qualche manoscritto musicale pieno di tante cacche di mosca, che sarebbero poi le note come le scrivevano allora.

Lo vedo da me che la maggior parte degli ascolti che trovano spazio su DeBaser è di ben altro genere, pur nella costante supremazia di opere notevolissime ciascuna nel proprio ambito, ma invito i volenterosi a voler aggiungere alla propria esperienza musicale un ascolto che è insieme bellissimo e rivelatore, cibo per il cuore e cibo per la mente: la fonte di tutte le armonizzazioni che i nostri eroi ci regalano sui rispettivi strumenti, la prima volta che un compositore ha deciso di separare le linee cantabili e le ha sviluppate indipendentemente.

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