I The Horrors hanno realizzato un ottimo album. Si, esatto, proprio loro, quei simpatici buffoni cotonati e piastrati, dal fare nervrastenico e con un probabile poster di Peter Murphy appeso in cameretta. Ora, non so esattamente quale sia l'età media di un debaseriota medio, ma persino un ventenne non troppo cresciuto come me li ha trovati pacchiani già alla prima occhiata. Posso immaginare quindi con che occhio li vedrà uno che ha anche qualche annetto in più... roba di plastica, costruita a tavolino e da cui tenersi alla larga. Dubito che qualcuno abbia avuto tanta fantasia da scommettere un penny sulla riuscita di questi elementi qui. E invece... e invece no. Ogni tanto non tutto il make-up viene per nuocere e se avete un pò di pazienza e di buona fede in un pincopallino che, in fin dei conti, nell'elogiarli non riceve nulla in cambio, vi spiegherò perchè.

Premessa principale: non ho ascoltato il precedente lavoro perchè, come già accennato, sono partito prevenuto nei loro confronti. Credo lo farò, nonostante non mi aspetti troppo. E ora passiamo al disco e cominciamo con l'usare due paroline che suppongo siano fondamentali per capire di che si tratta: shoegaze e new wave. Non si sa nè il perchè nè il percome, ma i The Horrors del 2009 hanno avuto la geniale (??) pensata di sgraffignare le dissonanze made in My Bloody Valentine e Jesus and Mary Chain e di usarle in buona parte dei pezzi. Pezzi che per l'appunto suonano tutti, indistintemente, new wave. In "Primary Colours" (di ciò bisogna darne il giusto merito, coi tempi che corrono) si può sentire davvero di tutto e di più, tanto che probabilmente, se si volessero scovare tutte le influenze, citazioni e somiglianze presenti nel disco, allora si potrebbe scrivere una recensione composta esclusivamente da nomi di altri gruppi. Ovviamente il citazionismo non sempre può essere considerato un pregio, soprattutto quando va a scapito dell'originalità... ed è qui che casca l'asino. C'è poco da fare, la diatriba che va avanti dai tempi di "Turn On The Bright Lights" (che concettualmente reputo molto vicino a questo) è ancora una volta servita. Ha senso, nel 2009, proporre l'ennesimo mix di sonorità dark-wave aggiornate ai moderni standard di produzione? Si, perchè è meglio essere chiari e tondi, arrivati a questo punto: gli Orrori non hanno creato nulla di nuovo, nè hanno la presunzione di essere una "cosa nuova" come qualcuno erroneamente potrà pensare. Anzi, loro stessi hanno ammesso il contrario. Hanno realizzato semplicemente il disco che volevano fare, aiutati nell'impresa da Geoff Barrow dei Portishead (impossibile non notare la sua mano nel singolone "Sea Within a Sea", cavalcata finale di quasi 8 minuti di cui parlerò in seguito) e in minor misura da Chris Cunnigham (un nome una garanzia, seppure stavolta stia dietro il mixer). Così non so se sia tanto lecito far loro una colpa se possiamo riconoscere Ian Curtis nella cupa "Scarlet Fields", dominata dal tipico giro di basso "a-la Joy Division" o nella iniziale, atmosferica e rarefatta "Mirror's Image". Idem dicasi per Peter Murphy, con cui Faris condivide il cantato nevrotico e declamatorio- si prenda come esempio "New Ice Age", il pezzo più dissonante del lotto- e non c'è nemmeno bisogno di citare Robert Smith perchè vien da se.

Una menzione a parte va fatta per "I Only Think Of You", un pezzo a-la Joy Division (ancora?) arrangiata alla maniera dei Velvet Underground di Bananesca memoria (!!) e che rappresenta, insieme alla song conclusiva, l'apice assoluto dell'album. Non scherzo, giuro che all'inizio della canzone mi aspettavo quasi che Nico si mettesse a cantare da un momento all'altro! (spero non sia una bestemmia, mi ricorda un pò "All Tomorrow Parties"...suonata dai My Bloody Valentine). La già citata "Sea Within A Sea" riprende il discorso della Portisheaddiana "The Rip", allorchè subentrano le tastiere e il pezzo comincia a viaggiare. Non c'è molto da dire al riguardo di questa canzone, se non che andrebbe ascoltata da subito per tirare bene le somme. O cita per davvero il Kraut-rock oppure sto diventando sordo (temo di sospettare la risposta...). Andando avanti, in "I Can't Control Myself", ma qui voglio essere proprio pignolo, sembra proprio di sentire "Come Together" degli Spiritualized (gli accordi sono gli stessi, pochi cazzi!) mentre la title-track è praticamente un pezzo dei Cure... ma no, forse di Bowie... NO, la riconosco, è un pezzo dei Psychedelic Furs con la tastiera al posto del sassofono! "Pretty in Pink"! L'unico pezzo che potrei definire "moderno", stando solamente alla distorsione usata (molto Smashing Pumpkins... o Placebo nel peggiore dei casi) è il secondo estratto "Who Can Say", un pezzo "easy-listening" che ti entra bastard amente in testa senza fare troppi complimenti. L'album contiene dieci canzoni ed è quindi un pò difficile trovare dei "riempitivi", anzi risulta piuttosto coeso e ogni pezzo sembra avere un suo perchè (oddio, quel "Do You Remember" forse è l'unico che fa numero, ma non è comunque niente di disastroso).

Conclusione: Capolavoro? non credo. Non so come invecchierà questo disco che oggi mi pare tanto bello è ispirato, e dopo la cantonata presa con "Viva La Vida" un pò di puzza sotto il naso mi è rimasta. Se va bene diverrà certamente un nuovo classico, come già può considerarsi l'esordio degli Interpol. Non è poco e ovviamente sono il primo a sperarci. Ho vent'anni, amo la new wave e gli indubbi capolavori che ha generato, ma questa non può, per chiare ragioni generazionali, rappresentarmi ciò che rappresentò per chi era giovane nel suo periodo di gloria. Questo disco quindi non può che piacere a casi (non umani si spera) come me, perchè è un parto della mia generazione, un disco nuovo eppure estremamente debitore di un periodo che non gli appartiene.  Chiudo postando i due singoli "Who Can Say" e "Sea Within A Sea".

Ai posteri, l'ardua sentenza... nel mio piccolo, promossi.

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