Alla fine questa uscita combinata degli Spectrum di Peter Kember con gli Imajinary Friends doveva succedere: si trattava di un incontro inevitabile tra due realtà musicali che in qualche modo si erano condizionate a vicenda e che avevano la stessa attitudine space rock e sperimentale e che in questo caso viene portata alle sue estreme conseguenze da tutte e due le band. Non a caso i componenti di entrambe le band dopo avrebbero sospeso le attività a tempo indeterminato per dedicarsi a altri progetti: forse sapevano che in quel momento preciso avevano fatto il massimo possibile e che non si potevano spingere oltre. Il disco usciva nell'aprile 1999 per la Space Age Recordings e contiene cinque tracce degli Imajinary Friends e due tracce degli Spectrum. Le sessioni di registrazione avvennero in due posti diversi: gli Imajinary Friends ovviamente registrarono il disco a San Francisco e in giro per gli USA tra il 1995 e il 1996; gli Spectrum registrarono ai Cabin Studios di Coventry nel Regno Unito.
Gli Imajinary Friends a questo giro rimodulavano la band. Restavano Ricky Maymi, Travis Threlkel e Tim Digulla. Completa il roster Jeremy Davies, che poi sarebbe il fratello di Jeff Davies, a lungo un punto fermo dei Brian Jonestown Massacre di Anton Newcombe. Dopo il primo LP pubblicato nel 1994, la band qui rompe ogni indugio e nelle cinque tracce che fanno parte del disco propone una musica minimale e ossessiva, che riprende temi tipici dei Suicide di Martin Rev e Alan Vega ("Glitch") che si alternano a sezioni meditative aliene ("Hadjimiradji", "Yojii"), blues siderali suonati all'angolo della cinquantaduesima strada dal fantasma di Robert Johnson ("Cheap Thrills") e scariche elettriche noise da manifesto futurista ("Syndrome"). Dal canto suo Peter Kember rilancia con lo scorcio Apollo 11 di "Against The Grain" secondo le ricostruzioni di Kubrick negli studios segreti della NASA e i dieci minuti di "Taste The Night", una vera e propria odissea nello spazio acida e minimale che se chiudi gli occhi ti sembra di camminare sui cornicioni di un grattacielo completamente imbottito di acido. Quando li riapri sei lì, ancora in equilibrio, in un punto imprecisato nel tempo futuro.
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