Pare che i Killers, dopo avere esplorato l'entroterra americano con il precedente Sam's Town, abbiano invertito la rotta o forse si sono definitivamente imbarcati per schizzare tra le stelle. Come hanno detto, infatti, Day & Age è una specie di Sam's Town da Marte, e ascoltandolo si capisce il perché di quest'affermazione. L'album infatti si presenta come una sorta di divertentissimo trip allucinogeno, fra melodie accattivanti, prodigi elettronici e testi buffi e spensierati anche quando dovrebbero essere seri.
In generale, il sound dell'album sembra ispirarsi in larga misura agli anni '80, essendo l'utilizzo di tastiere massiccio, nonché numerose le citazioni più o meno velate. Si comincia con Losing touch, la cui intro sembra richiamare un po' Cities in Dust delle Siouxsie and the Banshees, con uno xilofono che tornerà in più di una canzone. Il brano prosegue poi con una melodia liscia e piacevole, tipica di questo gruppo, delineando le sonorità che prenderanno vita in seguito. Human, ovvero il singolo di lancio, dal canto suo rivela l'eminenza grigia dietro quest'album, ovvero il produttore Stuart Price, già fortunatissimo collaboratore di Madonna in Confessions on a Dance Floor. Infatti, i sintetizzatori e la ritmica di questa canzone sembrano strizzare l'occhio un po' ad alcuni brani del suddetto, come Get Together e Hung Up.
Joy Ride è un puro esercizio di stile, un modo come un altro per ostentare il proprio virtuosismo. Un testo godereccio si associa perfettamente a un ritmo da disco music, che riprende alcuni esperimenti dei Franz Ferdinand in quella direzione, come Outsiders del loro secondo album. Inoltre, fanno la loro apparizioni simpatiche percussioni sudamericane. L'atmosfera latina ritorna più di una volta in quest'album, infatti, soprattutto sottoforma di trombe messicane nella rilassante I can't stay, sicura allusione al mito che gli americani hanno del Messico come di una terra di baldoria e fughe notturne.
L'atmosfera più strettamente anni '80 si respira invece in brani come Spaceman, dal ritmo molto sostenuto e incalzante, e da This is Your Life, il cui uso del coro maschile ricorda per certi versi Starship Troupers degli ABBA. E che dire di The World We Live In, una ballata da antologia, che avrebbe concluso degnamente l'album se Good Night, Travel Well, non lo facesse in maniera assai più mirabile. Dovrebbe essere una canzone seria, che parla di morte, ma la patina sonora che la ricopre ci costringe a recepirla con un certo distacco. Da notare anche la presenza di elementi sinfonici, che conferiscono un notevole pathos al brano. E'probabilmente il punto più alto dell'album, insieme a A Dustland Fairytale, un brano che pare amalgamare American Pie di Don McLean con una luccicante foschia fatata e adolescenziale.
Per concludere, non posso che manifestare il mio piacere nell'avere ascoltato quest'album. Rispetto a Sam's Town, che ho comunque apprezzato molto, risulta più completo e anche più ardito. Forse a qualcuno può risultare indigesto per il tono eccessivamente ruffiano e vanitoso, ma dopotutto è questo il marchio di fabbrica dei Killers, una band cresciuta all'ombra dei casinò di Las Vegas, la città più frivola del mondo.
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