Che la musica italiana fosse in mano alla De Filippi era già assodato da tempo, eppure appare terribilmente inquietante quanto si possa scavare anche dopo aver toccato il fondo, ci sono riusciti i Kolors, ultima boy-band made in Mediaset. Le caratteristiche e abilità di questo trio delle meraviglie sono principalmente la propensione al plagio, la profondità quasi inesistente dei testi (scritti in inglese, giusto per camuffare un po') e la capacità di riscrivere 11 volte la stessa canzone e far uscire 11 inediti diversi (KekkoModà docet).

Dopo l'introduzione di Out, che rimane impressa più o meno quanto una dichiarazione di un bambino dopo uno sproloquio (con annessi insulti) di mezz'ora ad opera di Vittorio Sgarbi, si comincia con il "tormentone" del 2015, Everyone, il singolo più amato dalle pudiche e devote adolescenti italiane, brano basato principalmente su infiniti vocalizzi che fungono da riempitivo ad un pezzo riuscito nell'impresa di plagiare il 90% del repertorio dei Maroon 5 (non che ci volesse molto, vista l'originalità di questi non di molto superiore a quella dei Modà), oltre a Starz in their Eyes di Just Jack e If i ever Feel Better dei The Phoenix. Segue poi Why Don't You Love Me? Il cui titolo rappresenta anche più del 50% di un testo a dir poco ripetitivo, andrebbe spiegato all'aborto mancato della clonazione riuscita male di Freddie Mercury frequentante lo stesso parrucchiere di Justin Bieber che per scrivere una canzone d'amore bisognerebbe anche scrivere il perchè questo amore abbia fatto la fine di una qualunque relazione con protagonista Raffaella Fico, e non limitarsi ad una patetica serie di "Perchè?".

Andando avanti la situazione non sembra migliorare, dopo My Queen (vocalizzi random pt.2) arriviamo forse alla canzone più bella del disco (per quanto la cosa possa essere paragonata alla scelta della migliore tra le varie esecuzioni mortali proposte), Me Minus You sembra partire bene, con un'ottima introduzione al pianoforte, tutto molto eccitante fino all'attacco della voce di Stash, che spezza la "poesia" del brano più o meno allo stesso modo in cui Giampiero Galeazzi rompe una sedia di legno su cui è seduto. Il testo sarebbe persino "accettabile", se non sfociasse dopo la prima metà del brano in una ripetitività nauseante, mentre l'arrangiamento, che pure sembrava partito bene, sfocia in accordi di pianoforte appropriati quanto un bestemmione durante la messa di Natale.

Dopodichè l'album continua sulla falsariga dei pezzi precedenti (caratterizzati sempre da qualche scopiazzata qua e la), da segnalare un duetto con la nuova schiavetta delle case discografiche, Elisa, Realize, che non si capisce precisamente quale stile voglia rasentare, fino ad arrivare all'apice dell'abominio musicale, traccia numero 10 : Love (il titolo spiega già tutto). Una roba che nemmeno una fusione tra il più diabetico dei Biagio Antonacci, il più monotematico degli Eros Ramazzotti, e il più scopiazzatore dei Tiziano Ferro (o Zucchero, per chi fosse vecchia scuola) sarebbero mai riusciti a partorire, il tutto sempre caratterizzato da un'interpretazione vocale del Chester Bennington de noantri degna di qualche trasmissione americana di terza serie fuori fascia protetta e da una serie non indifferente di scopiazzature. L'album avrebbe anche altri due pezzi, Twisting segue praticamente lo stessa struttura di un qualsiasi brano dei Kolors, l'ultimo invece, It's Up to You, rappresenta la seconda parte di Me Minus You, di cui abbiamo già parlato abbastanza.

Finisce qui un album che rappresenta il livello medio della musica italiana e dei suoi ascoltatori, degna rappresentazione di un movimento musicale un tempo tra i più rinomati al mondo, sprofondato ora in musichette da quattro soldi, testi ridicoli e patetici tentativi di imitare le boy-band americane e i loro idoli pop, già squallidi di loro.


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