I Legendary Pink Dots di Eddie Ka-Spel sono il classico ensemble a lineup variabile che nel tempo ha prodotto a fiume dischi e raccolte senza mai riuscire a sfornare un capolavoro epocale. Per quanto abbiano pubblicato un paio di album notevoli e abbiano saputo restare a galla sulla scena delle avanguardie europee con un raro senso dell'ironia e del bizzarro, i Pink Dots hanno finito per diluire molte ottime idee in molti progetti, sfiorando vari filoni (dal krautrock al folk elettronico, dalla psichedelia al progressive) e restando comunque un nome di nicchia.
"Asylum" - uscito nel 1985 - è uno dei manifesti più evidenti delle loro capacità e dei loro limiti. Forse anche uno tra i loro dischi migliori e compatti - assieme allo stupefacente "Any Day Now" - per quanto ricco di atmosfere distoniche e fuorvianti. L'uso di una strumentazione estremamente variegata scaccia la noia dell'ascolto e regala spunti creativi talora abbozzati, talora seducenti, mescolando sintetizzatori a violini, percussioni povere e tromboni, e soprattutto voci in tutte le salse: suadenti, isteriche, beffarde, malinconiche e chi più ne ha più ne metta.
Il risultato globale è un pastiche di art-rock venato di sarcasmo e di accenni esoterici (quanto seri non si sa), che in brani come "Gorgon Zola's Baby" riassumono tutto l'estro della band a partire dal titolo e attraversando poi le filastrocche sinistre dei testi di Ka-Spel, contrappuntate da tastiere-giocattolo e rumori che paiono estrapolati da un lunapark onirico.
Per quanto in album successivi la componente apocalittica vada affermandosi in modo più marcato, con "Asylum" i Pink Dots sembravano più interessati a comporre una summa della prima fase del loro percorso, limando a fondo le imperfezioni inevitabili dell'approccio improvvisativo e contaminando di fumi industrial e tecnologici un sound mitteleuropeo figlio di padri come i Faust.
Pezzi migliori "Echo Police", "The Hill", "Demonism", "I am the Way, the Truth, the Light".
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