Amo Pete Doherty. Nella lista dei miei autori rock preferiti è ai primi posti, insieme a Paul McCartney, Jimi Hendrix e Billie Joe Armstrong. Amo il suo modo di scrivere canzoni, come ha sparato linfa nuova nelle vene del Britrock, facendolo passare attraverso Dylan, Lennon e Clash, cambiando le carte in tavole senza dire poco o nulla di nuovo.
Amo Pete Doherty quando stava per venire alle mani con Carl Barat; quando se ne è andato dai Libertines per fondare i Babyshambles. Amo "Fuck Forever!", l'inno anti-anti che ho fatto subito mio.
Amo Pete Doherty. Ed è per questo che ascolto "Up The Bracket" almeno una volta al giorno, col fegato che si rode chiedendosi perchè questa band eccezionale non sia riuscita ad affermarsi in maniera notevole all'estero, visto che erano bravi, tecnici, puliti, rock'n'roll e avevano le canzoni inglesi più belle da dieci anni a questa parte. Canzoni come "Time For Heroes", che sembrano i Beatles suonati dai Clash; "Boys In The Band", che alterna un riff rockeggiante alla tipica marcietta alla Fab Four; la titletrack, una bolla garage punk da far scoppiare le orecchie, o l'opener "Vertigo", con tanto di intermezzo strumentale simil-etno, che risente della (pesante) influenza di quel Bob Dylan di cui sopra, come le due tracce successive.
Canzoni veloci, melodiche, belle (e talvolta di più) come quelle dei fratelli Gallagher ai tempi di "Supersonic", dal sound spezzettato, narcolettico, dovuto al genio da polvere viola di Doherty. Un uomo che sta andando sulla via della distruzione. Ma che, comunque, continuo ad amare.
Peace.
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