Ritorna il duo garage rock più fuori di testa della scena alternative del Regno Unito. The Lovely Eggs sono Holly Ross e David Blackwell, provengono da Lancaster nel Lancashire nel nord-ovest dell'Inghilterra e sin dall'inizio si sono imposti come una band dall'attitudine provocatoria e spiccatamente "british" come proiettata sullo schermo negli anni novanta dai vari Danny Boyle, Shane Meadows, Guy Ritchie. "This Is Eggland" è il loro quarto LP pubblicato lo scorso 23 febbraio e il disco che costituisce una vera e propria svolta sul piano delle sonorità del duo con un arricchimento di suoni e di sfumature cariche di vibrazioni shoegaze e furore noise, ma dove è grande la lezione di un certo sound pop del taglio Flyin’ Nun Records oppure Elephant 6.

Tra gli artefici di questo cambiamento, che potremmo benissimo definire come uno step di un processo di maturazione (quantomeno nel senso di ampliare i propri orizzonti sonori) va menzionato il producer Dave Fridmann. Uno dei “big” nel giro delle produzioni pop-psichedeliche e conosciuto per le sue collaborazioni con gruppi influenti come Mercury Rev oppure Flaming Lips. Del resto c’è qualche cosa del miglior pop elettrico di Wayne Coyne in questo disco in cui si susseguono uno dopo l’altro canzoni di grande impatto e sonorità allo stesso tempo vigorose e easy-listening. A tratti ossessive con una certa derivazione e cadenza madchester-sound e con le dovute differenze rumorose come Neutral Milk Hotel oppure meglio Ulysses o Thee American Revolution. Per menzionare un paio di progetti forse "dimenticati" sempre dal grande calderone della Elephant 6.

Non manca chiaramente quella stessa verve e quel taglio umoristico, ironico e provocatorio e sopra le righe che ha da sempre caratterizzato il sound, l'immagine e il mondo concettuale di un duo che anche qui rimarca con fierezza la propria appartenenza a quella cultura british più punk rock del nord dell’Inghilterra. Apparentemente niente di speciale e semplicemente un disco pop-rock come tanti (perché no), "This Is Eggland" si rivela alla fine nella sua spontaneità un lavoro brillante e dove la qualità del suono non ha nulla di artificioso e a tratti ipnotico (impossibile non menzionare "Wiggy Giggy", praticamente uno dei migliori pezzi pop dell'anno), non tradisce quello spirito ribelle che gli si richiede.

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