"Distortion" opera, rispetto ai precedenti lavori targati Magnetic Fields, una netta svolta nelle sonorità: dalla "twee"-folk-ballad intimista e zuccherosa con spruzzate di synth-pop, ad un impianto di matrice shoegaze a caratterizzare lo scheletro di tutti i brani che costituiscono il disco.
Distorsioni, quindi, come da titolo (programmatico anzichenò, allo stesso modo in cui lo era quello di "69 Love Songs", di cinque anni più vecchio). Distorsioni come scariche di bianco granito che, dall'alto, si sfracella sulle trame melodiche, sommergendole fino al collo e, in tal modo, rendendole (paradossalmente) ancora più ficcanti, incidendole a suon di graffi nella mente. Era questa, d'altronde, l'immane intuizione di dischi come "Psychocandy" dei Jesus & Mary Chain e "Loveless" dei My Bloody Valentine: le melodie c'erano ed erano squisite, ma dovevi superare uno spesso muro di granito per arrivarvi. Ma, quando vi arrivavi... che orgasmi!
A chi ha visto in "Distortion" una mera revisione dei suddetti lavori (in particolare di "Psychocandy"), avrei qualcosa da dire: non è forse, quella della revisione, una delle tante strade che all'artista è dato intraprendere? Non è, forse, il cinema di Tim Burton infarcito di tanti e tanti stilemi tipici del cinema felliniano? Eppure, mi pare che tutti, pubblico e critica, siano piuttosto concordi nel definirlo, se non un genio, quantomeno uno dei registi più talentati dei giorni nostri (io parlerei anche di genio, volendo, ma non amo troppo sbilanciarmi). Non tutti sono Fellini (né i Jesus & Mary Chain).
Tuttavia, io vi dico che di mero revisionismo NON si tratta, in questo caso. Come i precedenti lavori targati Magnetic Fields, infatti, questo disco si regge primariamente sulle robuste gambe delle ficcanti e ricercate melodie che lo costituiscono. Ricercate nel senso di "studiate"; "studiate" nel senso artigianale del termine, quanto in quello filologico: ricerca della melodia perfetta, distillato di anni di fatica ed esperienza; ricerca della melodia che tracci un ponte dal passato remoto al presente (Beach Boys e canti tradizionali magnificamente attualizzati). Le melodie, dicevamo... sì, perché provate a suonarvi una "Taste Like Honey" (da "Psychocandy") con una chitarra acustica e... beh, le conclusioni traetele da voi. Ascoltatevi, poi, "The Nun's Litany" nella sua versione chitarra acustica+voce (reperibile sul tubo). Una melodia struggente, un giro armonico a prima vista banale, ma che cela dietro di sé un senso profondo, un'ispirazione sublime, che basterebbe, così, scevra com'è di orpelli/distorsioni, a farne un piccolo capolavoro della canzone. Se a ciò si aggiunge il muro granitico di drone e riverberi di cui sopra, il risultato potrebbe (e dico POTREBBE, ricordate: non amo sbilanciarmi!) essere uno degli album più interessanti usciti in quest'anno oramai alla fine (saturo di parassiti senza dignità... e fatemi completare la citazione, eccheddiamine!). Questo è, per me, "Distortion". E per voi?Carico i commenti... con calma