I presentatori cominciano a blaterare in francese mentre sotto parte la musica. Barney Spieler al contrabbasso, James Moody al sax tenore, Kenny Clarke alla batteria, Tadd Dameron al piano e Miles Davis alla tromba. Questi simpatici ragazzetti ci regalano un po' della "forma più moderna del jazz, lo stile bebop" (per dirla come il presentatore), direttamente dalle profumate notti di un maggio parigino, datato 1949. "La forma più moderna del jazz"... Fa certo sorridere ora! Ora che Parker e Gillespie sono dinosauri (Ellington è quasi fossile), luminose leggende d'un passato remoto che quasi vien da dubitare che ci sia stato. Geni indiscutibili che un bel giorno s'accorgono di un certo Miles Davis. Inutile presentarlo, vi basti sapere che nel '49 Miles era agli inizi, aveva nel suo curriculum importanti lavori come sideman (soprattutto con Bird) e cominciava a tentare una via da leader. Va a Parigi per suonare al "Festival DeJazz 1949", s'innamora perdutamente di Juliette Greco, non vuole tornare in America perchè là è vittima del razzismo mentre sotto la Torre Eiffel è trattato da re. E in tutta questa girandola di emozioni (possiamo ben immaginare che sia stato così), ha pure il tempo per suonare a quel dannato festival.
Vi potrei annoiare a lungo su quanto geniale sia Miles, sull'estro di Kenny Clarke o sull'impeccabile stile di Tadd Dameron; non lo farò. Questo è un disco di bebop, non certo il migliore, ma è sicuramente interessante, dato che documenta un avvenimento importantissimo nella vita del grande trombettista. Fra una "All The Things You Are" e una "Good Bait", fra una "Lady Bird" in cui nel suo assolo Moody cita la "Donna Lee" di Davis e Parker e un altro omaggio a Bird, "Ornithology", passano questi 49 (sarà un caso?) minuti di buon jazz. Il problema, ed è grande, è che la qualità audio di questo disco è inenarrabile. Rovina tutto l'album, che meriterebbe altrimenti ben più delle tre palline che sono costretto a dargli.
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