Ritengo che sia questo l'album che segna l'inizio del periodo "sinfonico" di Zappa.

L'album viene registrato nel 67-68, ma verrà pubblicato nel 1969, in un doppio LP. Questo progetto nasceva come colonna sonora di un film dallo stesso titolo, e dello stesso autore: sulla copertina e nel booklet troviamo infatti frasi come: "The soundtrack of a film that we haven't enough money to finish" oppure "Music from a film that you'll probably never get to see". Ad oggi, questo film è introvabile.

L'originalità di questo album stava nel fatto di contenere tanti piccoli (o medi) brani strumentali, con pochi testi (alcuni dei quali incomprensibili). La durata totale è di circa due ore - se teniamo in considerazione la seconda edizione, di cui parlerò dopo. I brani veramente notevoli sono Uncle meat (Main title theme) e le sue variazioni, Nine types of industrial pollution, una breve Zolar Czakl (che riporta alla mente Igor's Boogie da Burnt Weeny Sandwich - successivo), Dog Breath, in the year of the plague e variazioni, The legend of the golden arches, una versione live di God bless America, Ian Underwood whips it out e Mr. Green Genes, tema che verrà ampiamente ripreso nell'album "Hot Rats", con una versione da brivido (e vari assoli chitarristici). In questa prima parte abbiamo anche uno stupendo preludio al brano che conclude l'opera, ovvero il mastodontico King Kong, diviso in 6 sezioni, per un totale di 18 minuti di pura fusion fra rock e jazz.

Altra curiosità: in alcuni momenti possiamo sentire la voce della storica Suzy Creamcheese, già citata nel primo album di Zappa, "Freak Out!".

Nella versione più recente sono state aggiunte delle tracce praticamente inutili: due di queste sono estratti del film, per un totale di più di 40 minuti, che risultano oltretutto noiosi, non avendo un senso senza potere vedere le immagini, e soprattutto di difficile comprensione per noi italiani. Un altro brano aggiuntivo è "Tengo ‘na minchia tanta", unica traccia in italiano (o meglio siciliano, per ricordare le origini di Zappa) insieme a "Questi cazzi di piccione", pubblicata molto più avanti nel live "The yellow shark". L'inserimento di questi bonus è stato molto criticato, anche perché allungava inutilmente e smisuratamente la durata totale dell'opera, che poteva benissimo rimanere di 1 ora e venti o poco di più.

A parte questo, l'album è ricchissimo di più che ottimi brani, e non saranno queste cosiddette "penalty tracks" a negargli le 5 stelle (perché per fortuna non è stato eliminato nulla dalla versione originale). Questo è il perfetto predecessore dell'epico "Hot rats", e non può quindi essere trascurato. Un buon ascolto a tutti.

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