Purtroppo per fortuna è sempre così, una myrroriana avventura parte ogni·fantastica·qualvolta come una processione desertica già iniziata; Hasta La Victoria è di annata 2017 e si approccia come un gancio all’inerente cammino; cambia l'attrezzatura e non la filosofia, l'ensemble lascia per strada molti strumenti elettrici come eccessiva zavorra per il pellegrinaggio; flauti, tambura, violini e bouzouki sono presenti tra i tanti e volano sotto il sole negli strati percussivi che fanno da curvo metronomo, con una resa delle loro identità talvolta indistinguibile a causa delle insolite movenze che vengono date agli strumenti; i suoni sono innumerevoli come le ritmiche, mentre il colore in copertina è il colore della musica, ed il calore emerge dal basso, diretta semina del penultimo Entranced Earth; similmente al precedente, il racconto è quasi un'esclusiva degli strumentali; musica circolare, evocativa, psichedelia che gode delle moderne produzioni, ed anche se ogni tanto si permette di dilungare le idee un tantino troppo si fa - almeno da me - perdonare; lungo il disco, qualche miraggio che mi sembra di aver avuto riguarda la musica indiana, latina e dei nativi, tutto immerso nel solito krautrock che regna ogni impronta discografica dei myrrors; il rock fa non poco da provenienza per la banda, ma qui risulta per me solamente un’idea alquanto astratta.
Organ Mantra tira sul carro come solo questi degni musicanti sanno fare;
Tea House Music esemplifica come gli accompagnamenti percussivi, i fiati ed i cordofoni si districano nella sabbia di queste dune sinusoidali;
Hasta la Victoria può esplicitamente indicare che non si fermeranno, ma per come l’ascolto si incespica in questa prolissa conclusione lo sembra davvero;
Comunque, altri goduriosi applausi ed altro discobolo da immersione.
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