In questo 2014 ricco di graditi ritorni, “Echo and The Bunnymen” e “The Afghan Whigs” (per me) su tutti, un altro gruppo si ripresenta timidamente alla ribalta, un gruppo che, a cavallo degli anni duemila, pubblicava due grandissimi capolavori come “Shrink” (1998) e “Neon Golden” (2002) nei quali la fusione tra schizzi elettronici, atmosfere jazz e chitarre acustiche raggiungeva (per me) picchi di perfezione musicale.
Dopo la pubblicazione nel 2008 di “The Devil, You + Me”, i tedeschi The Notwist tornano con un'opera che non si discosta molto dai loro dischi passati. “Close To The Glass” è un album molto gradevole. Deve naturalmente piacere all’ascoltatore la vocina lieve e sussurrata di Markus Archer, androgina e fragile come poche altre in circolazione. Devono piacere gli accumuli e i grovigli elettronici minimali (il singolo “Close To Glass” forse ne è l’esempio più lampante). L’ascoltatore dovrà apprezzare la semplicità della chitarra acustica di “Kong”, “Steppin’in” e “Casino”, le distorsioni elettriche di “7-Hour-Drive”, l’intromissione di archi, di ottoni e di tastierine per bambini (Run Run Run). Le persone più esigenti e intransigenti potranno tuffarsi con “Lineri” in lunghe dissonanze sintetiche tanto amate dal mondo dell’elettronica krauta. E pure il lungo finale con “They Follow Me” sembra un cortese “inchino” agli albori elettronici dei primi anni ’70, un “grazie” ai loro maestri e alla loro storia.
“Close To The Glass” non è un album rivoluzionario né per il mondo della musica né per il percorso stilistico dei The Notwist. Markus Acher, Michael Acher al basso, Martin Gretschmann alla programmazione elettronica e Andi Haberl alla batteria confezionano un lavoro ben fatto, di alta sartoria, ritagliato perfettamente sui gusti e sull’emozioni dei loro fan. “Close To The Glass” difficilmente attirerà nelle loro ragnatele elettroniche nuove prede ma certamente non deluderà chi ha amato i loro capolavori passati. “Close To The Glass” non indicherà una nuova direzione nel loro stile ma, vista la netta inversione di rotta rispetto agli esordi duri/metallari/rockettosi dei primi anni ’90, dal gruppo tedesco potremo aspettarci di tutto in futuro.
Disco perfetto per un dolce risveglio, per rimanere accoccolati al cuscino o alla propria dolce metà. Raffinatissimo prodotto sospeso tra indielettronica e pop (d’autore) sperimentale, “Close To Glass” pare guardare più al passato che al futuro. Ma, se proprio proprio devo dirvi la verità (tutta la verità, nient’altro che la verità), io, per un certo passato, metterei la firma. Ditemi solo dove devo firmare.
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