Cosa accade quando una band hard rock rinuncia ai riff prepotenti per abbracciare l’elettronica?

I Notwist attraversano gli anni ’90 a folle velocità; in media realizzano un album ogni due anni inserendo quanta più ferocia chitarristica e insoddisfazione da generazione X possibili.

In realtà, la loro svolta musicale ebbe inizio con Shrink, album all’interno del quale furono inseriti elementi (fino a quel momento) estranei al sound della band che sfociavano persino nel free jazz.

La furia del quartetto tedesco si affievolì in tal modo che le emozioni dei quali brani erano intrisi riuscissero ad emergere con maggior pathos.

È appunto del 2002 il loro capolavoro per eccellenza: Neon Golden.

Nonostante il radicale cambiamento, la loro formula del “meglio togliere che appesantire” continua a rendere il suono intimo ed accessibile.

Le chitarre sono composte, non dominano ma accompagnano egregiamente la sottile voce di Markus Acher già nell’iniziale One Step Inside Doesn’t Mean You Understand. Lo strumento trova maggior spazio e spessore nella titletrack Neon Golden e in One With The Freaks.

Quest’ultima perla gode anche una presenza nella colonna sonora del film L’amico di famiglia (Sorrentino), in un angoscioso finale. One With The Freaks presenta profondità e frenesia al tempo stesso, la ricerca di umanità in un circo di illusioni e disillusioni.

La vena più artificiosa del progetto viene lasciata al ritmo di Pick Up The Phone (fortunato singolo) che come al solito mostra la pluralità degli intenti.

Le due facce sono rappresentate dal gelo e dai testi, apparentemente incentrati su un rapporto di coppia fallimentare. Dopo aver più volte assimilato l’album posso affermare dal mio punto di vista che il messaggio ha un carattere più universale che romantico.

Ci sono l’alienazione dalla realtà e il risentimento. C’è tutto ciò di cui siamo intrisi.

L’elettronica gelida, e il dilemma esistenziale. Le due facce che con classe i Notwist sono riusciti ad amalgamare.

Il finale Consequence riassume ed amplifica questa sensazione, il mood esplode silenziosamente con le parole “I’m not in this movie, I’m not in this song”. Si sottolineano le conseguenze delle azioni e il pezzo sembra una litania, l’accettazione di una perdita col sorriso e con la consapevolezza.

In realtà non c’è un cazzo di cui sorridere, la malinconia è tanta in questo frangente che chiude i battenti e consegna ai Notwist la giusta ricompensa.

“Leave me paralyzed, love”

Carico i commenti...  con calma