"Se siamo tutti quanti destinati all'inferno, allora é meglio arrivarci ballando". Non ricordo la fonte di questa citazione, é anche probabile che io abbia appena coniato un nuovo aforisma, in ogni caso é più o meno in questo modo che mi immagino l'approccio dei The Offspring al loro tredicesimo album, a nove anni dal più che trascurabile "Days Go By" ed a poche curve soltanto dal comunque non indifferente traguardo dei quarant'anni di carriera.
Si, perché la gestazione di "Let The Bad Times Roll" é stata tutt'altro che una passeggiata per una band che trasmette da tempo la sensazione di voler soltanto tirare a campare, fra il rischio di fallimento della label e l'uscita del co-fondatore Greg Kriesel (pare che Dexter Holland e Noodles lo abbiano fottuto alla grande con le royalties negli ultimi tempi e che questi non l'abbia presa bene), ma tutto ciò deve aver provocato agli original prankster qualcosa più di un leggero solletichio, a giudicare da come si prendono per il culo. Loro.

Perché per il resto del circuito, invece, due anni di rumors sul ritorno sulle scene dei The Offspring sono sembrati semplicemente un continuo sbuffare nel correggere il promemoria del calendario per una data soltanto ipotizzata ma della quale a nessuno importa davvero, tenuta in minima considerazione più per un gesto dovuto a ciò che fu la band che per rispetto alla sua dimensione residua.
Alla vigilia dell'uscita del disco, la pubblicazione del singolo omonimo non ha fatto altro che cristallizzare le perplessità così come sono sempre state, come se il consenso generale fosse già che i The Offspring rimangono lontani da come ci piace ricordarli e che a questo punto non ci sia molto di cui essere davvero entusiasti.

Se c'è una nota positiva che può essere appuntata ai paladini di Garden Grove é che in questo "Let The Bad Times Roll" suonano coerentemente per quello che sono. Note lusinghiere fino ad un certo punto, chiaramente, ma è nei frangenti nei quali la correzione di rotta del disco sembra più che mai urgente che i nostri offrono il loro suono più peculiare. Punto. Fine delle argomentazioni. Un merito alla solidità del suono più che alla particolare interpretazione dei The Offspring.

Anche considerando la moderna incarnazione di una band che sulla carta avrebbe acquisito valori aggiunti di livello assoluto come Pete Parada (Face To Face, Saves The Day) e Todd Morse (H2O, Juliette And The Licks), la cosa sorprende relativamente: "Let The Best Times Roll" potrebbe anche significare un relativo passo in avanti rispetto a quello che è venuto prima (nella storia recente di qualcuno che può vantare il record assoluto di copie vendute con un'etichetta indipendente, parliamo di preistoria), ma si specchia in sé stesso dal primo all'ultimo secondo di ascolto e questo é quanto.

Pur volendo necessariamente riconoscere a Dexter & Co. il merito di aver introdotto un'intera generazione al punk revival, saperli attenersi a malapena al compitino potrebbe risultare abbastanza frustrante per gli stessi adepti: l'eredità dei The Offspring continua a resistere alla longevità, allo strano, irregolare picco di qualità e niente di più.

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