Londra, primi anni '90. C'è gente che va per club, la notte, con voglia di sballare. Rave parties, assunzione di sostanze chimiche, esperienze extra corporali. E quando lo sballo finisce, quando si "torna giù", c'è ancora bisogno di musica, questa volta per ritrovare gradualmente l'aggancio con la realtà.

In questo contesto, Alex Paterson dà vita al suo progetto musicale che più che un gruppo è un'alleanza tra DJ che fanno musica: prima, sul finire degli anni '80, assieme a Jimmy Cauty dei KLF, poi col tecnico di studio Kris Weston, Thrash per gli amici. Il duo Paterson-Thrash produce due album nel 1991 e 1992 che restano i lavori migliori degli Orb. Il secondo di questi album, "U.F.Orb", esce nel luglio 1992 e schizza al n. 1 delle classifiche inglesi.

La rivoluzione è cominciata: gli Orb si impongono con i loro lavori pubblicati da una piccola etichetta indipendente. Un caso? No, perché gli Orb interpretano la situazione e inventano un genere musicale, il chill out: dal ritmo opprimente della house si passa all'ambient house, dove elettronica e campionamenti in dosi massicce convivono in brani lunghissimi in perpetua evoluzione. "U.F.Orb" quindi è un capolavoro sia da un punto di vista sociologico che musicale: perché è il riflesso dei tempi in cui è nato, e per l'uso innovativo dell'elettronica che va oltre il fine pratico per cui è nata la musica chill out.

Suddiviso in sei tracce più una breve conclusione, l'album è un continuum che per 74 minuti rovescia sull'ascoltatore il suo carico visionario: si parte con un'esperienza extra corporale, "O.O.B.E" (sigla di out-of-body experience), si avvista un corpo celeste non identificato ("U.F.Orb"), per arrivare nella stanza blu della base Wright-Patterson dell'aviazione americana ("Blue Room"), dove qualcuno mormora siano conservate prove dell'esistenza degli Ufo, c'è infine il tempo per fare incontri ravvicinati ("Close Encounters"): con gli Orb, E.T. è tra noi.

Carico i commenti...  con calma