Bellezza, ritmo, coinvolgimento emotivo: chi dovesse trovarsi a cospetto di quest'album deve sapere che le nove tracce folklorizzano animatamente l'animo in un crescente piacere, che ascolto dopo ascolto diventa soave godimento; dalla calda Scozia i Phantom Band ci rapiscono nella loro new wave mascherata dall'indie folk che rimanda ad Arcade Fire e similari, a partire dall'iniziale "A Glamour", in cui sembrano i Thee More Shallows che escono dalla palude per godersi i raggi del sole accompagnandosi ad un crescendo finale in cui la chitarra marcia parallela con i cori; dream pop che scorre anche in "Everybody Knows It's True", dove un coretto cantilena accompagna tutta la canzone e tornano in mente i Fire on Fire e il loro potere evocativo. "The None Of One" è introspettiva, una ballad folk tipica dei Pearl Jam, che esplode in un'enfasi finale capeggiata da una pioggia digitale, che scema poi al suono della melodica.
La voce di Rick Antony ha un timbro simile a quello di Eddie Vedder e in questi brani infonde calore e passione. In "Mr. Natural" sembra di essere in un video game dove l'eroe di turno avanza con impeto verso lo scontro finale sconfiggendo i vari nemici. La vena pop-dance floor emerge nella conturbante "O", una sorta di We Are Wolves con il senso del dovere, mentre in "Walls" spicca un basso magnetico che enfatizza le atmosfere made in Canada. "Come Away" è una ballata soffice figlia di Beck, mentre "Into The Corn" è molto new wave, con piglio sixties. Un intro medioevale introduce "Goodnight Arrow", con la sua melodia decadente che sfocia in un finale da battaglia epica, il tutto su una base che sembra essere stata rubata agli Offlaga Disco Pax.
Album da assumere preferibilmente nelle ore crepuscolari, al calar del sole, per prepararsi ad una notte da leoni vissuti o semplicemente da pigri sciamani.
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