Il disco comincia in modo soffuso, con una voce che carezza alcune parole. Ricorda il sole del mattino che ti apre gli occhi dopo una notte di sonno profondo. Poi parte una melodia tanto bella quanto malinconica, accordi dolci e liriche evocative; la canzone si chiama "My Debt to You", ed è stata curiosamente scelta per aprire il settimo album di questi inglesi pressoché sconosciuti al grande pubblico.
The Pineapple Thief, da Yeovil, Somerset, fanno un progressive elettroacustico che rimanda ai ben più noti Porcupine Tree, e in alcune sonorità ai Radiohead d'annata. "Tightly Unwound", che tradotto suonerebbe come "cronicamente disteso", è un titolo che rende bene l'idea del mood che pervade questo disco: ballate melodiche alternate a midtempo mai troppo graffianti. In chiusura di disco fanno la loro comparsa i due brani più progressive oriented, "Different World" e "Too Much to Lose", ma non sono certo le cose migliori.
Una peculiarità di questo album, e a quanto pare della band stessa, è la poca costanza compositiva; i brani migliori del disco sono in apertura, dopo la già citata "My Debt to You" abbiamo il primo singolo "Shoot First" (uno scossone, se paragonato ai ritmi del resto delle tracce), la bella combinazione di accordi di "Sinners", e la splendida "The Sorry State". Con "My Bleeding Hand" si ravvivano i toni del disco, ma è pressoché l'ultimo fuoco. Le restanti tracce (di cui due sforano i dieci minuti) non dicono molto. Da segnalare la voce del frontman Bruce Soord, il cui timbro in alcuni episodi è molto simile a quello del collega Matthew Bellamy dei Muse.
In definitiva questo "Tightly Unwound" parte molto bene ma si perde nella seconda metà. Sa emozionare finché si mantiene in acque tranquille, su sonorità già esplorate, ma appena pigia sul pedale del prog i risultati sono alquanto scontati.
Un album da avere se vi piace il progressive mischiato alle atmosfere acustiche.
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