Ci sono un paio di motivi per cui mi sono avvicinato ai Platters, ampliando la mia conoscenza oltre a quelle solite due, stupende, canzoni. In primis, la profonda ammirazione che nutro per il loro periodo storico, che con ogni probabilità è stato l’età dell’oro della melodia Pop; quanti meravigliosi “tunes” sono stati incisi tra fine ’50 e inizio ’60, su entrambe le sponde dell’Atlantico? Eh, a saperlo … Ma non è solo questione di quantità, prendete anche lo stile, l’attitudine, l’eleganza, lo charme, la sobrietà intesa come buon gusto e senso della misura. Erano caratteristiche trasversali, riscontrabili tanto nei Platters quanto in, per esempio, Hildegard Knef e in molti, moltissimi altri, a prescindere dal background culturale e musicale.

E poi, ci sarebbe quest’altra curiosità: dei Platters, sostanzialmente, la gente non sa nulla; non sa chi erano, non conosce i loro nomi, le loro storie personali, la loro vita privata non è materia di discussione, eppure quando parte “Only You” … non penso serva aggiungere altro. Non è forse così che dovrebbe essere, in linea di massima, per questo tipo di musica? La mia profonda avversione per il personaggismo esasperato, per l’ossessiva ricerca del prodotto mediatico, del carisma fine a sé stesso, mi porta ad apprezzare ancor di più le melodie “disincarnate”, in cui l’interprete diventa nient’altro che uno degli strumenti: un veicolo, non il fine ultimo, che è e rimane la canzone stessa.

Tra i primi artisti afroamericani ad arrivare ad un successo di larga scala a livello globale, forse l’ultimo grande vocal group di successo, i Platters sono un pezzo di storia, tradizionalisti ma per certi aspetti anche innovatori, un ponte tra epoche, tra culture, tra stili musicali. A metà anni ’50 raccolgono idealmente l’eredità degli Ink Spots, loro precursori, portandone lo stile ad un nuovo livello di modernità, freschezza e impatto. Il meraviglioso ed inconfondibile timbro di Tony Williams, voce principale del quintetto, era sicuramente la loro marcia in più, oltre ovviamente all’impeccabile utilizzo di cori e controcanti, il dosaggio perfetto tra brillanti doo-woops e languide torch songs, mai troppo ingessate e stucchevoli nelle loro mani. E poi hanno avuto la fortuna di esordire con “Only You” seguita a ruota da “The Great Pretender”, quindi il loro posto nella storia se lo sono conquistato in maniera fulminea.

Ma guai a pensare che i Platters si fermino lì; ognuna delle sedici canzoni incluse in questa raccolta, sia essa originale o reinterpretata, è una testimonianza dell’assoluto splendore e della bellezza di quello che era il “mainstream” dell’epoca. Lenti di gran classe come “My Prayer” e “Heaven On Earth” e la vivacità di “You’ll, Never, Never Know”, “The Magic Touch”, “I’m Sorry”, tutte con quel feeling jazzy un po’ malandrino, il passo felpato di “Remember When”, la sonnacchiosa e pittoresca fantasia tropicale di “Sleepy Lagoon”. C’è anche un ampio uso di orchestrazioni, reminescenze classicheggianti che conferiscono una patina di sontuosità e di ulteriore fascino retrò alla loro musica; “Smoke Gets In Your Eyes”, altro intramontabile classico, “Harbor Lights”, malinconica e sospesa nel tempo, il lirismo di “Ebb Tide” e “My Dream”, ma anche “Twilight Time” con il suo sviluppo più leggero, dai contorni idilliaci, quasi fiabeschi.

E poi che razza di voci … cori utilizzati impeccabilmente e vocali magistralmente allungate; contano anche quelle, sapete. Tutto contribuisce a creare un mix perfetto e, badate bene, di grandissimo impatto, teatrale al punto giusto. Non posso non pensare agli ABBA, e a Freddie ovviamente, a quello che i Platters hanno rappresentato per loro, l’influenza che hanno avuto in così tanti altri capolavori a loro successivi. Viva i Platters, viva le canzonette, viva anche la nostalgia, in questi casi. Viva la nostalgia, proprio così, quando ci vuole ci vuole; pensate un po’, ho finalmente trovato l’ispirazione per scrivere di loro vedendo (non certo per mia volontà) jay-z e beyoncè al TG3. Mi sono detto: “Devi fare qualcosa”, ed eccomi qua. Suppongo che dovrei ringraziali per questo.

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