Uno, volendo, potrebbe incazzarsi per una marea di motivi.
Eravamo sotto natale, e doppio ciddì e doppio divudì, soprattutto se si tratta di "gente famosa", è il minimo che il mercato offre, di solito, per farci innervosire.
Poi si trattava di una reunion. Di quelle che raramente trovano nel cuore la loro giustificazione e la loro ragion d'essere. Soprattutto se nell'anno in discorso si tratta della tournee più redditizia al mondo.
Insomma, ragioni di critica ce ne sarebbe a iosa. Soprattutto di quella critica snobina e noiosetta, quasi sempre aprioristica, figlia dello sparare ad altezza d'uomo, che non si sbaglia mai.
E invece no. Invece, davvero: no.
Se la musica ha un senso, se saper suonare ha un senso, se ce l'ha fare concerti e girare il mondo con note che han fatto sognare, saltare, imparare a suonare, ad amare strumenti ed armonie...insomma...se tutto questo ha un senso, l'ultimo live dei Police è un'opera della quale difficilmente si può ritenere di poter fare a meno.
Uno legge la track list, e si dice: "ma è roba che ho già, praticamente la scaletta di uno dei tanti "best" che sono usciti negli ultimi anni, neppure troppo lontana dalle opere live già ufficialmente pubblicate".
E invece no. Invece, davvero: no.
Qui c'è un gruppo di tre splendidi musicisti che si ritrova insieme dopo più di vent'anni dallo scioglimento ufficiale. E ciascuno ha avuto la propria storia. Summers ha pubblicato dischi di jazz di pregio (in particolare uno sulla musica di Monk che personalmente amo moltissimo, soprattutto per le similitudini sghembe e imprevedibili tra autore ed esecutore), Sting ha pubblicato i dischi che sappiamo, alcuni splendidi altri semplicemente belli, e Copeland ha fatto di tutto, dalle colonne sonore, alla reunion dei Doors, per arrivare alla taranta.
Non dico che tutto ci sia e tutto si senta in questo live, ma un orecchio attento non può non percepire la profonda evoluzione di ciascuno di questi musicisti. Alcuni vocalizzi di Sting sarebbero stati impensabili vent'anni e oltre fa, così come impensabili erano il "mestiere" e la tecnica sublimi che ha sviluppato. Alcuni soli di Summers altrettanto (sia in quanto ad armonizzazione che costruzione). Così come impensabile sarebbe stata, allora, la disciplina del drumming di Copeland, pur nel pieno rispetto del proprio unico stile.
Ed ottima è la registrazione, sia video che audio.
Perfezione assoluta. Di forma e contenuti.
Molti brani sono stati riarrangiati, soprattutto dal punto di vista armonico, e moltissimo spazio è giustamente regalato agli assoli di chitarra, che diventa così a pieno titolo co-protagonista.
Vi sono poi alcuni brani che non brillavano particolarmente nelle produzioni in studio ("Voices inside my head", così come "Walking in your footsteps", per citarne due) che qui appaiono arricchiti e pieni di un "senso" che prima sembravano avere molto relativamente.
Anche la produzione famosa, di grido, di (ex) classifica, ne esce arricchita ed abbellita.
Insomma: un piccolo capolavoro per quanto può esserlo un live (ed a parer mio può esserlo eccome, e ce ne sono abbondanti prove). E l'ennesima conferma che questi tre marziani, tanto imitati quanto mai uguagliati, sono in grado, a cavallo dei sessanta (chi prima, chi appena dopo) di avere la freschezza, l'energia e l'originalità che sarebbe splendido vedere in qualche venti-trentenne.
Ma è così: ormai siamo in un ottica scollinante, o per miopia dei produttori e dei discografici o, più probabilmente, per il naturale scemare di ogni fenomeno, anche culturale. E, senza aspettarcelo più di tanto, troviamo un tesoro in un cofanetto fatto e studiato per essere un perfetto regalo da quarantenni del natale 2008.
Ma, tant'è, gira e rigira, la qualità non è un'opinione. Ed anche i ventenni possono e devono ascoltare ed imparare, e molti, in realtà, lo fanno.
E i Police oggi ci salutano (definitivamente?) con uno splendido canto del cigno.
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