1979: i Police, con il disco d'esordio, hanno conquistato l'Inghilterra e l'America quasi senza accorgersene. I tre non possono camminare per strada senza essere aggrediti da orde ragazze che si appostano in punti strategici per fiondarsi su di loro (come mostra l'inizio del video di "Message in a Bottle"). Innumerevoli concerti e un'isteria collettiva che, nel 1979, aveva un solo precedente, datato 1963-65. Non a caso la stampa cominciò a parlare di "Policemania".
Essendo persone mature - Copeland, il più giovane dei tre, ha già 27 anni - riescono a reggere la follia che li circonda e, soprattutto, riescono a gestire la pressione della casa discografica per il nuovo disco, dopo l'impatto del primo. I tre entrano in studio senza una canzone pronta - contrariamente a quello che era avvenuto per "Outlandos" - e tirano fuori un album di grande spessore, certamente superiore ad "Outlandos", con una produzione (dovuta a Nigel Gray) che ha fatto scuola, ma senza l'impatto emozionale del grezzo dischetto d'esordio - nemmeno nei momenti migliori. Decisero di fare qualcosa di più posato e ripudiarono la loro energia punk. Per molti fu un errore.
Il titolo del disco prende il nome da una jam session (che vinse il Grammy come miglior brano strumentale del 1980) che i tre inserivano nei loro concerti durante "Can't Stand Losing You". Qui è messa al secondo posto - francamente senza molto senso.
Al terzo posto troviamo invece "It's Alright for You", capolavoro ritmico devastante, un pezzo di "Outlandos" caduto per sbaglio in "Reggata...". Sarebbe stato l'intro perfetto, e invece qui si trova al terzo posto per lasciare l'onore a sua maestà ... "Message in a Bottle", uno dei classici del gruppo, con un testo che parla simbolicamente di uno dei temi più cari a Sting: la sua solitudine interiore. Una grande canzone senz'altro, ma la sua fama è davvero superiore al suo valore. Sul disco il brano è cantato in modo davvero moscio e con un Copeland davvero troppo invasivo con i suoi contrappunti di tamburo sulle strofe. Con gli anni, i tre capiranno l'errore, e trasformeranno il brano in un superbo capolavoro in tre fasi: 1. Strofe veloci (con Copeland a lavorare di sponda). 2. Ritornello furia con un Copeland a dettare il ritmo con il suo leggendario braccio sinistro. 3. Pausa con Sting che ripete il titolo e i geniali contrappunti di Summers. Un vero peccato che la magnifica versione-frustata del "Synchronicity Concert" non sia mai stata registrata in studio. (La potete trovare su YouTube e la potete confrontare con la versione registrata).
"Bring on the Night", "Bed's too Big Without You" e "Walking on the Moon" sono tre canzoni Pop (d'autore) che mostrano i Police più educati rispetto ad "Outlandos". Sarebbero solo tre canzoni Pop se non ci fosse la ritmica reggae di Summers (soprattutto in "Bed's Too Big ...", un capolavoro letteralmente basato su un'idea), e il fantasioso lavoro di Copeland (soprattutto in "Walking on the Moon", brano notevole anche per la sua straordinaria pulizia di suono).
I Police firmano insieme "Deathwish", con uno splendido riff ma con una mediocre melodia vocale, che rende il brano anonimo. Speculare il brano di Copeland "Does Everyone Stare": splendida melodia (con uno Sting in gran forma) ma musica mediocre.
Il resto mostra un virtuosismo fine a se stesso e la minore ispirazione che questo disco ha rispetto ad "Outlandos...".
Un album notevole e prodotto a regola d'arte, ma anche leggermente noioso. Senz'altro inferiore a "Communique", il disco pubblicato in quell'anno dagli amici-rivali Dire Straits, con i quali i Police stabilirono una sorta di amichevole competizione.
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