Ebbene sì con 'Synchronicity' giungiamo all'ultimo capitolo della discografia da studio dei tre policemen; possiamo affermare che prima di vedere nelle vetrine dei negozi 'Synchronicity', trascorre il più ampio intervallo che sia mai intercorso tra due pubblicazioni del gruppo di Sting.

Ad onor del vero dobbiamo ricordare che seppur il 1982 non abbia visto l'uscita di un disco targato The Police, i tre inglesi immettono sul mercato tre nuove canzoni (per l'appunto "How Stupid Mr Bates", "A Kind Of Loving", e "I Burn For You") che hanno fatto da soundtrack al film "Brimstone&Treacle".

'Synchronicity' mette subito in chiaro che il gruppo ha ancora optato per diversi cambiamenti che vanno a ricoprire sia l'argomento testi, - con un maggior orientamento verso i rapportiumani e l'amore che la fà davvero da padrone, senza dimenticare l'analisi del pensiero Jungiano che trova nella sincronicità uno dei suoi temi di maggior interesse -, sia quello musicale con la eterna ricerca del nuovo, sia per l'impatto sonoro che sembra trovare un "perfetto" livello di concretizzazione. L'inizio nervoso di "Synchronicity I" lascia lo spazio ad un incalzante melodia vocale che ben s'innesta con parti musicali dotate di solidità e compattezza, dove cori e controcanti ne fanno un brano munito di vigore ed incisività che solo questo nuovo percorso musicale di Sting & Co. poteva aiutare a venir fuori. L'intro di "Walking In Your Footsteps" è una delle molteplici sfaccettature di quel sentiero di innovazione intrapreso dal gruppo, dovele percussioni gestite da Copeland danno man forte agli affilati vocalizzi di Sting in modo da far acquisire al brano la parvenza di una ballata dal sapore primitivo, palesando ancheil motivo per cui il geniale bassista sia impareggiabile anche per le sue qualità canore.

"Oh My God" che sembra davvero fuoriuscire dal nulla, si presenta come un brano che sicuramente non rimarrà a primo colpo nella testa dell'ascoltatore, ma che con la sua estrema semplicità può comunque allietare un ascolto non propriamente impegnativo dando comunque modo di apprezzare un soliloquio a base di sax nel finale. "Synchronicity II" è sicuramente una di quelle tracce che mostrano la faccia più elegantemente rock del trio; dopo una space intro, un'indovinatissima ed ariosa strofa il cui contributo di Summers influenza non poco a rendere il tutto più graffiante portando ad un bridge solido e levigato ad arte, che trova la sublimazione in un mirabile ritornello dal lodevole impatto melodico. Per una traccia di estremo valore che chiude la prima parte del disco, un'altra di caratura sicuramente superiore battezza la b-side, il suo titolo è "Every Breath You Take". La canzone dal testo che ogni donna vorrebbe sentirsi dedicare non presenta nè rock, nè reggae e nè reminiscenze punk, ma un vero e sublime concentrato di tutte quelle positive qualità che vorremmo poter trovare in tutti i brani pop da sottoporre alle nostre orecchie. Dall'avvincente e facilmente memorizzabile strofa ad un affabile ritornello che ha tutte le carte per poter indurre un motivato piacere in chi ascolta, facendo si che la ditta Sting Copeland & Summers possa centrare quel traguardo di perfezione compositiva ed esecutiva rimasto ancora da raggiungere, di un tangibile spirito di insieme che forse i primi "Cream" e pochi altri possono dire di aver tastato con mano.

Il piano di "King Of Pain" schiarisce subito ogni dubbio, i The Police sanno muoversi con confidenza anche in ambiti musicali desueti come questo, dove un brano dall'iniziale e lento incedere si trasforma in una rock song di pregevole fattura che raggiunge lo zenit in quella semplice strofa seguita dall'intenso refrain che ne arricchisce il valore artistico. Personalmente non ritengo che man mano che si và verso la fine del disco si incontrano braniche ricoprono solo l'infelice ruolo di riempitivo. La mainstream e delicata "Wrapped Around Your Finger" unitamente alla fioca e velata atmosfera di "Tea In The Sahara" ne sono un esempio, guidando per mano chi ascolta tra sentieri musicali fatti di continue e gradevoli sorprese. Con questo lavoro è chiara la conquista della leadership da parte di Sting, sempre più padrone delle sue capacità compositive che lo fanno figurare come autore di ben otto brani e che vede di conseguenza ridurre il contributo creativo (ma non per quel che riguarda l'aspetto strumentale, of course!!) di Summers e Copeland a non più di cinque minuti totali, rispettivamente suddivisi tra la follia di "Mother" e l'avanguardista storia di "Miss Gradenko" (...conosceremo la parola glasnost, solo di lì a qualche anno..).

Per chi fosse mai caduto nell'errore di poter credere che il terzetto inglese avesse coniato un genere da poter spremere per un'intera carriera artistica, mai nulla di più sbagliato è stato confermato con l'uscita sul mercato da parte di 'Synchronicity', disco che nella sua intelligente ed inconsueta eterogeneità dimostra, di essere una inconfutabile prova vincente di chi ha saputo rischiare la propria maturità artistica sulla propria pelle oltrechè l'epitaffio di una band senza tempo.

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