The show must go on.

L'imponderabile, ciò che ti piomba addosso mentre sei intento a fare altri piani...quanto gli puoi permettere di governare la tua vita, senza che cambi nel profondo il tuo stesso livello interiore di esistenza? La risposta che si deve essere data Chrissie Hynde, alla faccia delle speculazioni esistenziali, dev'essere stata pressappoco quella di un dito medio agitato all'indirizzo di chi tesse l'ordito dei destini umani. Non si poteva tornare indietro!

Che personaggio Chrissie! Val la pena insistere su questo topos, ampiamente sviscerato, in una recensione sui Pretenders? Credo di si, non solo per l'influenza che la personalità della dea ex machina del gruppo nella cifra stilistica di questo, ma anche perchè la banalità, la consuetudine, in una recensione almeno, possono rappresentare un atout: si basano d'altronde su un corpo di valori acquisiti universalmente nella comunità di pratica del rock'n'roll. Mi permetto quindi di calcare la mano sulla nostra eroina, per la quale una volta tanto non è peregrina l'orrida espressione di "donna con le palle".

"Volli, fortissimamente volli". Questo potrebbe essere il suo manifesto programmatico. Solo una grande ambizione e forza d'animo (senza prescindere da un immenso talento, va da sé) può portare una ragazzina della provincia americana a realizzare il sogno adolescenziale di tanti di noi: diventare una rockstar, prendendo armi e bagagli e trasferendosi in Inghilterra, e ciò dopo anni di gavetta senza scendere in nessun caso a compromessi artistici. Aggiungiamoci poi il fatto che è riuscita a sposarsi il suo idolo d'infanzia, nientemeno che Ray Davies: come se io mi zifonassi Avril Lavigne!

Date le premesse, la straordinaria risposta di Chrissie ai tragici avvenimenti che colpirono la sua creatura, non poteva non essere che quella di confrontarsi immediatamente, quasi a sfidarli, il lutto e il senso di vuoto.

"Back on The Chain Gang" fu scritta e registrata nei quattro giorni successivi alla morte del chitarrista della band, James Honeyman-Scott, con il preciso intento di canalizzare la sofferenza in creazione artistica. La canzone però esprime tutt'altro che voglia di piangersi addosso, nonostante immortali l'immensa malinconia provata; riflette soprattutto l'intento ammirevole e la necessità di non lasciarsi schiacciare dalle contingenze del vissuto umano usando la potenza catartica del doloro per creare un tributo perfetto. Non credo che esistano modi migliori di onorare la memoria di chi non c'è più.

Ma non basta! Nemmeno un anno dopo è il turno di Peter Farndon, ex bassista della band,a cui la leader era particolarmente legata. Neanchè ciò basta a fermare tale macchina da guerra, e i Pretenders continuano a lavorare al nuovo album, che sara pronto quasi tre anni dopo la loro ultima fatica in LP (a proposito, apro una lunga parentesi...chi ha detto che "Pretenders II è qualitativamente schiacciato tra il predecessore e il successore sbaglia. La sua natura di album di transizione non gli impedisce di avere dei capolavori al suo interno, primo tra tutti la terrificante "The Adultress", inesorabile e spietata come il camion di "Duel).


"Learning to crawl" forse non è il migliore album della band, ma è sicuramente il più rifinito. Esso porta a compimento la trasformazione del gruppo in gruppo di massa. Le canzoni, senza necessariamente sacrificare qualcosa all'impatto e alla qualità, diventano dei congegni perfetti per sfondare le classifiche ed essere passati in radio. Si prenda ad esempio "Middle of the Road", con il quale si aprono le danze. Semplicemente la quintessenza del rock: un travolgente jingle jangle sotto steroidi accompagnato da un approccio percussivo (cortesia di un batterista sottovalutatissimo come Martin Chambers) che ha la gentilezza di un bombardamento di artiglieria. Il perfetto contraltare pop è rappresentato da un coretto infettivo. Chrissie è convincente come poche altre volte, suadente, elegante e felina (che sia solo frutto del caso il miagolio con il quale introduce il suo assolo di armonica?).

Non che le radici punk siano completamente dimenticate eh! "Watching the Clothes" sembra uscita fuori dal primo album. "My City Was Gone" invece è un funk meccanico che mette in scena l'urbanizzazione selvaggia dell'Ohio, terra natia della musicista. Ma sono le ballate ora a essere al centro dell'attenzione, segno di un cambio di sensibilità della leader: "Thumbelina" è quasi country, "Show me", invece è pop raffinatissimo. La migliore è "2000 miles", anch'essa ispirata dalla morte di James Honeyman-Scott, che rappresenta il lato tenero di Chrissie Hynde. Mai con i successivi pezzi lenti riuscirà a scaldare i cuori come con questa canzone.

Questo è l'ultimo album degno di nota dei Pretenders, ma non ci sono rimpianti. Si può affermare che abbiano detto tutto ciò che avessero da dire, e che la maturità abbia portato al mestiere e alla routine. Rimane la testimonianza di una band al suo apice, che trova un equilibrio irripetibile tra pienezza artistica e urgenza espressiva.

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