Tra i gruppi più sfortunati e dimenticati della storia del rock sfilano anche gli inglesi Pretty Things e il loro album Sf Sorrow. Uscito nel 1968 si contende il titolo di prima rock opera (o concept album), modello che verrà poi ripreso con successo da altri gruppi (Kinks, Who).
Psichedelia e buon sano pop inglese imperano nel disco dando vita alle sperimentazioni più disparate e bizzarre senza mai però scardinare il formato-canzone da 3 minuti (fatta eccezione per il pezzo "Well of Destiny"). Energico, profondo, mai banale e soprattutto colorato s'impone come uno dei migliori lavori degli anni '60.
La Storia narra del giovane Sebastian F. Sorrow, il quale dopo le drammatiche esperienze della guerra, della droga e della morte della sua ragazza, si chiude in una cupa solitudine sprezzante dei valori della società contemporanea.
Ma veniamo ora alle canzoni. Si apre con "S.F. Sorrow", una classica rock-song ripiena di riff blues, mellotron e cori sixties da paura. "Bracelets of Finger" è introdotta da un coro a cappella forse un po' troppo pesante, ma si rifà subito con una potente strofa quasi valzer per poi cedere ad un ritornello onirico e lisergico denso di atmosfere orientali. Grandiosa. Peccato per quel coro, pazienza. Si continua con "She Say Good Morning" con un cantato pop pesante e festoso degno dei migliori Kinks e dei Beatles epoca "Day Tripper".. "Private Sorrow" riporta l'ascolto in carreggiate orientali mentre "Balloon Burning", "I See You" e "Old Man Going" sfrecciano in furioso pop acido lisergico che ricorda un po' gli Who ma anche i Rolling Stones, Pink Floyd... ed ecco "Death" spettacolare marcia funebre e cinerea con suoni assurdi da studio, echi, rullate medievali e un canto-lamento toccante e dimesso per poi cedere ad un assolo di sitar. "Baroon Saturday" impressiona per il ritmo e per il giocoso botta/risposta di voci senza dimenticare la coda di percussioni sovraincise davvero geniali tipo "Strawberry Fields".
"The Journey" è una ballata vivace drogata intrisa di gioia, termina con un curioso collage delle canzoni precedenti... "Trust" è forse uno dei migliori episodi dell'album ma anche del pop inglese in assoluto da far invidia alla coppia Lennon/McCartney...
Siamo giunti alla fine del trip, congedo che i Pretty Things affidano a "Lonliest Person" dove mettono da parte sitar, percussioni, chitarre e cori per sfoderare un una ballata acustica timida, lacerante e drammatica nei contenuti, una specie di inno alla solitudine.
Nella versione rimasterizzata compaiono 5 valide bonus track fra cui la barrettiana "Defecting Grey", "Mr Evasion" (sembra uscita da un certo Revolver) e "Walking Through My Dreams" (ancora Who).
Che dire ancora, un capolavoro, una gemma smarrita nell'oceano discografico.
Ah dimenticavo, prodotto da Norman Smith, lo stesso di Piper at the Gates of Dawn dei Pink Floyd.
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