Leggerete il titolo dell'album, leggerete il nome del gruppo, leggerete i primi 3 righi di questa inutile recensione e come al solito affermerete nella vostra confusionaria e intellettualoide mente: “eccheppalle, ancora il The all'inizio del nome e la S alla fine, ancora inglesi, ancora sfigati, ancora pop punk 'art' wave, ancora 20 euro da buttare nel cesso...”.
Si, è così ancora una volta. Vengono da Londra (che novità!) e fanno la solita roba poco diversa dalla solita paccottiglia di Bloc Party, Maximo park e Franz Ferdinand. Anche se ormai ci siamo rassegnati a veder uscire questi esordi tutte le settimane, sappiamo benissimo che tra di essi ogni tanto c'è qualcosa di orecchiabile, qualcosa di de-gustabile. Stiamo parlando di un buon esordio che anche se simile ai suoi coetanei, spesso ti porta a muovere il piedino, a canticchiare e a farti sbattere la testa contro il vetro della tua nuovissima automobile.
I brani viaggiano tutti sulla stessa misura d'onda, e portano la voce di un certo Alan Donohoe, simil Strokes/Futureheads. Le influenze perciò sono le solite: anni '80, new wave, punk '77, e post punk in generale, passando così da nomi del calibro di Buzzcocks, Gang Of Four, The Fall, Wire... In questo Capture/Release troviamo così brani come “Retreat”, “Binary Love”, “Work, Work, Work (Pub, Club, Sleep)”, “Terror!” che ci trasportano da subito indietro nel tempo grazie a splendidi riff chitarristici e drummate classiche eighties. Ma in tutto questo c'è lo zampino di Paul Epworth, già de-naturans e mentore di Bloc Party e Maximo Park.
Possiamo così infine dire, che questo è un disco pop acuto e scanzonato, con grandi riflessioni nei testi di natura sdolcinata o comunque riguardanti storie di vita quotidiana, un disco semplice, ma non troppo banale, consigliato ai ragazzini che vogliono imitare i giovanotti inglesi, e ai più grandi waver che non si scordano mai le sere passate sul lettuccio ad ascoltare Marquee Moon dei Television.
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