Ci sono alcuni album che ancor prima di uscire sono predestinati ad esser presi a ceffoni dai critici di mezzo mondo, professionisti e non.
Indipendentemente dal loro valore, diventeranno capri espiatori per sancire la fine della presunta scena musicale di turno, scorticatoi morali su cui accanirsi con commenti spazianti tra lo sberleffo alla sardonica presa per il culo, fino alle male parole.
"Pieces Of The People We Love" è uno di questi dischi.
Si potrebbero citare tanti altri album dallo stesso destino, a me vengono in mente i Warlocks di "Surgery" o gli Air di "1000Hz Legend", ma di esempi ve ne sono a bizzeffe.
Capita spesso che dopo un album spacca charts, che attira su di sè l'interesse del piccolo e grande pubblico, e diventa portabandiera di una "nuova scena"(in ormai TUTTI i casi tale processo è veicolato a tavolino e non ha quasi alcun riscontro nel reale, ma prendiamolo per buono), il successivo, se poi giunge dopo tre anni di silenzio, sarà considerato al 90% una immondizia. Le ragioni sono a volte di natura oggettivamente musicale, altre volte dipendono dallo stato di salute della "nuova scena" di cui il gruppo in questione era alfiere.
Visto che la scena cosiddetta punk funk non va più giù a molte riviste e si stà ammosciando su sé stessa (però attenzione questi sono i momenti in cui escono i dischi migliori), è ovvio che il secondo disco dei Rapture sia massacrato. Insomma se Dio vuole tuo figlio Isacco dagli una capra che va bene lo stesso, quindi perchè rinunciare al linciaggio rituale e annunciato dei Rapture?
Essere atei in questo caso aiuta.
Non voglio affermare che "Pieces… " sia chissà che capolavoro, ma se non siete molto adusi ai suoni anni'80 un po' disco(ring), un po' dancehall di periferia, o anzi li considerate cadaveri da lasciar riposare in pace, l'album ha il merito di miscelarli a volte talmente bene da renderli più che digeribili.
È il caso di "Gotta Get Myself Into It", pezzo di un ruffiano mostruoso destinato ad inondare le sale da ballo "alternative". Scordatevi le chitarre spigolose di "Echoes", semi appese al chiodo in favore di un approccio quasi totalmente danzereccio e una produzione stile "Confessions" di Madonna.
Scelta paracula di sicuro, ma in alcuni frangenti azzeccata. Come nell'andamento tribal-DFA della titletrack o nel semi plagio dei Gang Of Four con chitarra funky di "The Devil" oppure nel basso profondo di "Don Gon Do It". Strano a dirsi ma proprio i brani dall'alto tasso chitarristico sono i peggiori, tra la patetica ballata "Live In Sunshine" e il robot-rock di "The Sound", non si riesce a scegliere di quale male morire.
Insomma San Download aiutaci tu!
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