Ho empatizzato i grandi dischi come questo divenendo loro nella vita reale, praticandoli nei loculi domestici e fuori nelle strade, localizzandoli in un luogo del mio corpo di cui non ho sensibilità ma che ho fatto un mestiere a supporre. Nel 1984, esce il capolavoro dei Replacements di Minneapolis, indie band partita dal punk alla Ramones ed approdata a questa miscela esaltante di Byrd, hard rock anni '70, Stones, rabbia punk, influenze roots, si avverte quella urgenza creativa genuina tipica dei più alti, nobili vomiti rock buoni alla prima. Oltre ad essere provvisti di quel puro splendore che posseggono soltanto i grandi dischi, contribuirono attivamente ad aprire nuovi orizzonti al rock americano e crearono un genere di riferimento per parecchie formazioni degli anni Novanta.

"I Will Dare" apre il disco, melodia cantata, riff approssimativi e vivaci, il sound è quello sanguigno della scena rock di Minneapolis, dei primi Soul Asylum ad esempio, "Favorite Thing" mette in luce tutta l’urgenza creativa dell’indie americano anni 80, il fuoco alle polveri di "We’re Coming Out" , i Replacements incazzati, hard-rock ultra-cazzuto, scariche di adrenalina, la voce di Westerberg che si fa isterica, incazzata, insistente, disperata, scivolate sul ghiaccio, pezzo lanciato a bomba come un ariete, l’ assolo di chitarra è talmente isterico che non riesce a risolversi nelle retoriche scale pagaiane, vedasi il mio saggio in uscita “le barriere dei timpani dei muffosi” . La bellicosa "Tommy Gets His Tonsils" è un calcio nel deretano, perché trovare parole sempre più strane per mostrarsi cool e intellettuali quando non è altro che un calcio nel culo? Poi due ballatone: "Androgynous" con Westemberg al piano effetato, la sua voce colloquiale, e nonostante gli spurghi da pazzo-perdente, rutta confessioni assolutamente candide. "Unsatisfied" porta le prime lacrime: calibrata sulle regioni alte, commossa e emozionata. canto perfetto, dagli ondeggiamenti posati ma vibranti. "Black Diamond" cover dei Kiss, parte con un arpeggio fatalista proprio come la voce di Westemberg, solo 30 secondi e poi via di bridge imponente: uno dei pezzi migliori, quintessenza d'ogni rock'n'roll generazionale, ibrido introspettivo di rabbia e rimpianto, con Westerberg e Bob Stinson che lo interpretano come due pederasti a notte fonda. "Seen Your Video", quasi tutta strumentale e un saliscendi interiore che non si risolve e ti lascia appiccicato il suo pulsare di chitarre ultra sature, "Gary’s Got A Boner" (Gary ce lo ha duro) è punk sgangherato e indisciplinato, sixteen blue, che segue, il terzo ballatone del disco, sapori byrdsiani e adolescenziali e quell’assolo che parte nel finale , lo spettro della morte della giovinezza catturato in quel nanosecondo che lo vedi aleggiare sopra cotanta “sancta simplicitas” .

L’ultimo pezzo "Answering Machine", per voce e chitarra in distorsione e pre registrata. Per molti versi il linguaggio del primo punk è stato una perfetta sintesi di ciò che è (fu?) la musica rock, e dopo pochi anni diventò praticamente inevitabile un'evoluzione. "Let It Be" celebrava ad esempio la tradizione americana col nuovo spirito in voga in quegli anni cow-punk, e lo celebrava con un mood davvero intenso.

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