Già esiste una recensione su questo (questi? è uno split-disc, che contiene due cd da 3 pollici) disco, ma credo ci sia ancora molto da dire.

Prima cosa, un minimo di storia. I Residents decisero di pubblicare i sedici minuti dell'EP Duck Stab vari anni dopo che i pezzi furono scritti. Stessa dinamica del loro capolavoro, Not Available, tenuto segreto per quattro anni. I nostri ragazzi di San Francisco stavano perseguendo una "teoria dell'oscurità", a cui intuitivamente si può addurre la decisione di rimanere dietro alle maschere che hanno sempre indossato e di contenere al minimo il numero di concerti (almeno, nel periodo '60-'80). Buster & Glen fu invece scritto e registrato proprio nel 1978, e servì come mera appendice a quel materiale, strettamente necessaria per riempire un album che, in tutto, dura 33 minuti.

Seconda cosa, il (i) disco (-chi). Pur essendo stati scritti ad una certa distanza, l'uno dall'altro, credo di poter dire che DS/B&G sia estremamente compatto, coeso, conseguente, co..., uniforme, ecco. Uniforme nell'eclettismo, nelle estreme differenze di registro, di musica e di storie raccontate.

Chiarisco, punto per punto:

1) il registro altalena tremendamente, tra scherzi bombastici, clowneschi ("Birthday Boy", "Bach is Dead", Krafty Cheese", "Laughing Song"), insomma filastrocche spesso prive di senso e veri e propri requiem, urli disperati quanto astratti ("Weight Lifting Lulu", "Hello Skinny", "Blue Rosebud"). A unire questi mondi antipodali, c'è un senso permanente di macabro, una costante attenzione alla morte (quella desiderata per chi odiamo, quella indiretta delle piante, se muore chi le annaffia: si veda più avanti) o ai morti (Bach, Elvis, una donna amata).

2) la musica necessaria a dar vita a questi 14 quadretti, è quella dei jingle, dei caroselli, netta, definita, memorabile (ossia, immediatamente riconoscibile, come un volto noto). Questa scelta finisce per mettere a disagio l'ascoltatore, che si immedesima nelle pazzie dei Residents, e non può evitare di esserne partecipe, di ridere alle loro gag malate. Gli strumenti sono tutti estremamente filtrati, oppure si opta per strumenti giocattolo, violini miagolanti, effetti sonori creati ad hoc in modo che producano suoni "alieni"... gli unici adatti ad accompagnare testi così deliranti. Gli intrecci basso-chitarra, specialmente nei crescendo sfrontati e stonati, mi ricordano molto il Captain Beefheart delle Mirror Man Sessions (procuratevelo). All'ascoltatore più attento, consiglio di fare attenzione all'incredibile linea di basso di "Elvis and His Boss".

3) le vicende raccontate sono qualcosa di assolutamente fondamentale nei dischi dei Residents, sebbene - o proprio perché - spesso siano ambigue o astruse. Come già detto, la morte ha un ruolo importante, ma le infinite declinazioni che ne vengono date, lasciano un'impronta inconfondibile per ogni brano. Solo alcuni esempi, in cui si passa dallo scherzo, all'escatologico, all'allegoria: il testo di "Krafty Cheese" recita

???: "You care for plants and we care for you"
Plants: "Upward to the sun we grow"
???: "Careful plants, be careful plants."

... lugubre e divertente, no?
La celebre (in quanto coverizzata dai Primus) "Constantinople", invece, è più sottile. Costantinopoli, capitale dell'Impero Romano d'Oriente, fu la prima città cristiana, e rappresenta in qualche modo la fede nell'aldilà, a cui si aggrappa il narratore, "quando tutte le foglie della quercia sono cadute", ossia la morte è vicina, e "il gregge ha seguito la Parola". Sperando di ritrovare tutti gli amici, rimanendo "fuori all'aperto" ad aspettare la fine.
Infine, "Bach Is Dead" parla alla falsa morte della musica più alta, che rimane nascosta, mentre nelle teste delle persone, risuonano melodie tristi (in netto contrasto con il tono sarcastico del pezzo).

Terza - ed ultima - cosa, una definizione. Direi che la trovata migliore del recensore che mi ha preceduto è che i Residents stanno alla musica come i baffi stanno sulla Gioconda di Duchamp. Nel caso specifico di questo disco, assolutamente calzante. Ci sono, dunque, dei risvolti positivi ed altri meno. Il disco riesce a stupire e la musica è sorprendentemente orecchiabile: questo ne fa una buona introduzione all'opera dei Residents. Però le atmosfere, un po' per il formato breve, un po' per andare incontro ad esigenze discografiche, ne risentono. I lampi geniali fanno appena a tempo ad accecare un attimo, ma non sedimentano, come i trucchi di un mago, se ne vanno uno dietro l'altro senza stordire troppo.

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