Nel 1977 i Residents rilasciano "Fingerprince", opera che considero una delle migliori della discografia dei bulbi, e che penso non sia esagerato paragonare a pietre miliari della band come "Not Available" o "Eskimo", anche considerando solo la lunga suite finale, a mio parere il miglior pezzo dei Residents.
Saltiamo dunque gli antipasti, piccole miniature schizofreniche simili a quelle viste nel esordio "Meet the Residents", e passiamo direttamente alla portata principale del disco, la lunga suite "Six Things to a Cycle", della durata di 17 minuti, che si divide in sei movimenti, e rappresenta, assieme ad "Eskimo", il vertice artistico-filosofico della band. Versi e richiami della foresta, sorta di anticipazione dell'utilizzo dei suoni ambientali che vedremo in "Eskimo", accompagnati da un pattern circolare di percussioni tribali in crescendo, ci introducono al primo movimento, evocando una sensazione di primitivismo, di un mondo ancora libero dalle pressioni della società moderna.
La calma del pezzo viene improvvisamente interrotta da un urlo lancinante,come a rappresentare l'arrivo del uomo nel mondo. Il brano così collassa in un motivo minimalista di fiati e percussioni metalliche, che nella seconda parte della suite viene accompagnato dalla ricomparsa di percussioni tribali e, soprattutto, da versi gutturali e animaleschi, in un crescendo che porta direttamente al terzo movimento, dove il solito motivo viene interpretato da synth sghembi, che ricordano vagamente la musica circense, a rappresentare perfettamente l'alienazione del uomo moderno, sempre più parodia di se stesso, nei confronti della società industriale da lui stesso creata. Le solite percussioni metalliche, questa volta rallentate, introducono il quarto movimento che, insieme ad una batteria slegata dal resto del pezzo, sorregge un coro di sterili voci trattate, vero marchio di fabbrica dei Residents, che sempre sul solito motivo, intonano un "chew chew gum chew gum gum chew chew", risultato del consumismo sulla mente degli uomini, il cui unico interesse ormai sono i prodotti industriali che gli vengono propinati dalle corporazioni.
Il quinto movimento rappresenta la definitiva deumanizzazione dell'individuo, ormai una macchina schiava delle convenzioni sociali. Un organo intona quella che forse è la prima melodia del brano, assieme alle solite percussioni e, verso la fine, ad un coro femminile ed un crescendo di fiati. Nel sesto ed ultimo movimento, uno strumento a corda accompagna con il solito motivo, gli archi che intonano una nenia orientale vagamente allegra, ma quel tipo di allegria rassegnata di chi, di fronte agli effetti del progresso, perde ogni capacità di opporsi e si abbandona, non senza una lacrima di rimpianto, ai festeggiamenti per la nascita del uomo nuovo, l'uomo-macchina completamente dipendente dalla tecnologia.
Un'allegria amara, un po' come l'umorismo dei Residents, che parodiavano la musica commerciale per denunciare la deumanizzazione dell'individuo causata dal consumismo, usando l'ironia per esorcizzare le paure portate dalla società industriale.
Ridere per non piangere.
Carico i commenti... con calma