Senza ombra di dubbio, quella copertina non può che rimanere impressa indelibilmente nella memoria, senza ombra di dubbio quei quattro volti così famosi non sareste mai riusciti a figurarveli così orrendamente parodiati, e senza ombra di dubbio non capirete fino in fondo quest'album neanche al millesimo ascolto... allora che senso ha ascoltare qualcosa il cui senso è volutamente tenuto nascosto? Ma più in generale, che senso ha parlare se sapete già che nessuno vi potrà comprendere?

Già che senso ha... il senso, questa esigenza del "senso" della "finalità" che rende compiuta ogni attività umana, che cosa è in definitiva? "Un inganno vigliacco!" vi potrebbe rispondere un filosofo uscito di senno un secolo e passa fa. "Qualcosa di cui facciamo volentieri a meno!" vi potrebbero rispondere i Residents, e poi corregendosi "qualcosa di cui escludiamo la canonicità, esiste un senso definitivo soltanto delle cose perdute, ma poichè niente è veramente perduto, ecco che la tragedia è propria dell'arte, ma non della vita, della vita l'unica cosa certa è l'incessabile mutabilità" e l'arte e la comunicatività che le inerisce ? "In genere l'arte fornisce dei modelli, l'arte comunica grandi concetti e grandi virtù, l'arte comunica mentre la vita si disgrega..." e se anche l'arte iniziasse a disgregarsi? "beh avremmo un nuovo significato da attribuire al termine "realismo"...".

Ma chi sono questi Residents? I residents sono i maggiori interpreti della teoria dell'oscurità, formulata dal fantomatico Nicolas Senada, e come tali hanno sempre rifiutato il mainstream e la visibilità sino al punto da non aver mai mostrato il proprio volto, facendo dell'oscurità il fondamento dei loro testi (a volte criptici, a volte del tutto non-sense), del loro cantato (quasi sempre deformato o savrainciso) della loro proposta musicale che, spaziando lungo una vastissima gamma di generi, rimane al di là di ogni possibile classificazione. Decostruzionismo, magari, a maglie larghe?... si si, decostruzionismo è sicuramente il più appropriato se riferito a "Meet the residents, dove tutto, dalla copertina dissacrante al "go home america" sfibrato di una voce alterata dai fumi dell'alcool, ha un "intento" demolitore, il rifiuto di un'estetica, di un perchè... quale perchè si può affibbiare ai sei brani iniziali (in realtà un unico brano) dove i generi più disparati entrano ed escono da porte sempre diverse...

"Rest Aria" potrebbe sembrare il brano dove più è immediatamente riscontrabile una matrice classica (Chopin?), ma qui è tutto così gelido e funereo, e poi quella trombetta... un vortice e poi un paesaggio lontano, quella voce malata, perversa che farfuglia immagini prese a prestito di un qualche bordello di periferia... skratz, skratz... "Spotted" pinto bean sembra la parodia di un musical, con tanto di coro e voci solenni, e con un piano che, decontestualizzato, potrebbe anche far commuovere... "infant tango" inizia con una chitarra incalzante per poi perdersi in un fluttuare sconnesso di fiati e qui la melodia scompare del tutto (se mai ci fosse stata), gli accenni di normalità nell'intro di "Seasoned greetings" si dissolvono in un intermezzo ossessivo che prelude al caos totale di "Crisis Blues", totalmente osceno, totalmente incomprensibile, accenni al rock roll che mutano in declamazioni tribali, rumori sovraregistrati, i soliti fiati stranianti e un flauto che recita una marcetta da boy-scout, una voce demente in crescendo fino alla litania del "go home america" di chiusura.

Che dire? Disco cerebrale, difficilissimo, frammentario e pieno di idee, un misto di perizia e di voluto pressappochismo, a cui manca comunque la statura del capolovoro assoluto, titolo che spetta al successivo "Not Available" dove, oltre a stupire, riescono a commuovere.

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