I Rolling Stones. Molti di voi saranno stati al concerto a Milano nel torrido 2003. Ricordo di aver visto uno spettacolo di marionette. Il disgraziato session man al basso e gli altri ai fiati che diventavano pazzi cercando di star dietro ai saltelli dei tre davanti, sempre in ritardo, anzi, "fuori tempo". Io il concerto non l'ho sentito perché, per noi poverelli all'ultimo anello, non giungeva praticamente nessun suono dell'esibizione. Quando, poi, i Nostri si sono spostati per il set acustico ho sentito realmente cantare solo il pubblico di sotto. Però quella serata mi è piaciuta. Forse non conta più ormai sentire gli Stones, ma essere sicuri, vedere che sono ancora vivi e si muovono (come marionette).
All'uscita dallo Stadio: "Hai visto Mick Jagger che corre per due ore?... Come cavolo fa Keith Richards a stare ancora in piedi?... Pensa che Ronnie ha l'età di mio padre etc. etc". Tutti si son guardati bene dal parlare di Musica.
Per quest'ultimo disco vale lo stesso discorso. Non importa la qualità delle canzoni (un po' bruttine per altro) ma il fatto che i vecchiacci riescano a essere 100 volte più duri dei mosci epigoni ventenni che oggi infestano il mondo musicale anglosassone pieno di formazioni già bollite, tossiche, bruciate dopo tre annetti tre di carriera.
Ben venga "A Bigger Bang" da sentire anche senza alzare la manopola del volume dallo 0.
In playback come marionette.
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