I Routes sono fondamentalmente una creatura di Christopher Jack e da questo punto di vista probabilmente il making di questo album ne è la testimonianza più efficace.

Registrato in Oregon presso i Black Diamond Recording Studios con l'ausilio di Andrew Shartle in fase di mixaggio e mastering, Chris Jack ha praticamente scritto tutte le canzoni e suonato lui tutte le parti strumentali. A parte la batteria che è rimasta di competenza del batterista Jonathan Hillhouse.

La band del resto ha subito diversi cambi di line-up nel corso degli anni, ma questo è il tipico caso in cui pure cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia.

A parte il fatto che al solito il nome della band costituisce più un vero e proprio 'marchio' che stare a significare un ensemble più o meno stabile di musicisti, questo succede anche perché la formula proposta da Chris Jack è tanto semplice - non ci troviamo sicuramente davanti a nulla di particolarmente innovativo - quanto efficace.

Efettivamente 'In This Perfect Hell', uscito su Groovie Records lo scorso febbraio, è una vera e propria botta di adrenalina e che non deluderà gli appassionati storici del progetto ma in generale tutti quelli che amano determinate sonorità garage acide e venate di psichedelia.

Nella presentazione del disco leggo riferimenti a band diverse come The Fall oppure Spacemen 3, Guided by Voices and Jesus & Mary Chain, ma francamente non ravviso nessun elemento tipico di queste band nel suono di questo disco, che invece mi sembra profondamente ispirato dal sound dei Black Angels più facili e in generale volersi rifare a una certa estetica garage degli anni sessanta-settanta.

Le combinazioni trovate da Chris Jack sono semplici quanto efficaci. Penso a brani come 'Thousand Forgotten Dreams', 'Something Slipped Through My Window', 'Peeling Face': sembra sostanzialmente di ascoltare i Kinks dopo che sono stati rimescolati dentro una lavatrice Strokes. 'No Performance': ci senti dentro gli eco di Blue Cheer e MC5. 'No Worry': il suono è claustrofobico e si rifa allo stesso tempo a uno sciamanesimo di matrice Doors. 'Make You Hate Me More', 'Housework In My Head', 'Perfect Hell', 'Oblivious': ecco qua Ty Segall e Thee Oh Sees; 'In Years Go By' propone sonorità più pop e evocative e che riprendono concept sviluppati e portati avanti negli ultimi anni da Jacco Gardner e i Temples.

Meno bravi e pomposi che i Black Angels; meno schizzati de i Thee Oh Sees; meno indie di Ty Segall e lontanissimi dal genio schizofrenico King Gizzard & The Lizard Wizzard, prossimi tuttavia a un incrocio stradale dove i Blue Cheer investono a alta velocità i White Stripes di Jack e Meg White, i Routes e questo disco meritano sicuramente tutta la vostra attenzione.

Chiudo con una grande domanda a cui non sono riuscito a trovare una risposta.

Cioè se la Yoko Ono accreditata come autrice della fotografia della cover dell'album sia effettivamente Yoko Ono. Cioè se stiamo parlando effettivamente della influente artista giapponese celebre tra le altre cose per essere stata la compagna e allo stesso tempo la musa di John Lennon.

Ho fatto una ricerca online e non ho trovato risposte in questo senso. Dopodiché mi sono sinceramente disinteressato alla cosa, anche perché il fatto ella possa essere o meno una sostenitrice di questo progetto oppure no, non cambierebbe il mio giudizio e nella sostanza i contenuti di questa recensione. Però però però anche questa specie di 'mistero' così come le scelte 'estetiche' di Chris Jack nel corso degli anni e anche nel caso specifico di 'In This Perfect Hell' testimoniano in ogni caso un certo 'genio' di quel tipo Andy Warhol che nella storia della musica rock ha sempre funzionato e che come tale non va mai sottovalutato.

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