Ho già avuto modo di (psic)analizzare il mio approccio traumatico al garage con «Leave Your Mind At Home».
Quello che ancora non sapete è che il seguito è stato anche peggio: ma lo scoprirete presto, se avrete la pazienza di seguirmi (e qui faccio mio il tormentone di Alberto Angela/Neri Marcorè).


Riposto nel dimenticatoio il live dei Fuzztones e determinato a non rimediare un'altra solenne fregatura, compro una mitica cassetta TDK D-90 e convinco un amico di mio fratello a registrarmi «Faces» degli sconosciuti Sick Rose, di cui avevo letto un'entusiasta recensione su Rockerilla (e sul lato B, il tizio mi piazza il primo dei Love, quello di «My Flash On You»).
Metto la cassetta nel doppia-piastra, schiaccio il tasto "Play" ed ecco la chitarra fuzz di Diego Mese ed il Farfisa di Rinaldo Doro che aprono «Searching For» a strapparmi un repentino e sentito apprezzamento «Cazzarola, questi i Fuzztones se l'inzuppano nel caffèlatte!». Passano pochi secondi ed entra in scena Luca Re, con una voce stridula ed acida da far paura: «Ma cos'è ‘sta roba, HR che s'è dato al garage?» e va avanti così fino alla fine.
Schifato, metto via tutto e mi convinco mio malgrado che il garage è una porcata: smarrito tra il tono baritonale di Rudi Protrudi e quello simil-falsetto di Luca Re, ha davvero ragione mio fratello ad esclamare «Ascolti musica proprio a cazzo di cane!». Ma almeno, questa volta non ho speso diecimila lire per comprarmi una ciofeca.
I Fuzztones mi facevano vomitare, i Sick Rose idem: non c'è dubbio, non ero assolutamente pronto per il garage (e nemmeno per l'hardcore dei Bad Brains). Sennonché, qualche mesetto dopo inciampo nel primo grande amore e chissà come e perché mi tornano in mente alcune canzoni di «Faces», in primis «Everybody Wants To Know» (tutti vogliono conoscere la tua dolcezza e come baciano le tue labbra, avete presente?): nella mia mente bacata, immortali stornelli da intonare all'amata in una notte buia e tempestosa.


Eccomi così con la chitarra a tracolla a sputare sangue e sudare le proverbiali sette camicie per imparare alcuni brani dell'album, obnubilato dall'assurda convinzione che nessuna pischella potrà resistermi.
Giorni e notti insonni passate su «It's A Mistery», «Night Comes Falling Down» (il mio pezzo forte), «I'm Not Trying To Hurt You» ed «Everybody Wants To Know» purtroppo non mi hanno donato il cuore amato ma mi hanno aperto gli occhi su tante cose: la prima, che il motto stilnovista «Amor ch'a nullo amato amar perdona» è una solenne castroneria; poi, che avrei dovuto concentrarmi di più su «What You Are (Bad Girl)»; ma soprattutto, che il garage punk è la Luce ed i Sick Rose sono i profeti che ne annunciano la venuta.
Dalla Rivelazione, passeranno due anni zeppi di Nomads, Stomachmouths, Last Drive, Lime Spiders e compagnia fuzzante, fino a quando nel 1989 i profeti tornano in studio e pubblicano il secondo album «Shaking Street».
Corro in edicola per accattarmi Rockerilla, gasarmi alla lettura delle lodi sperticate del recensore di turno e poi fiondarmi senza remore da Disfunzioni Musicali per l'acquisto; e cosa leggo, invece? Commenti tiepiducci assai, del genere «Sì, bellino, ma «Faces» era un'altra cosa», due pallini e mezzo, e non solo su Rockerilla ma un po' su tutta la stampa specializzata. Mi sgaso in fretta e «Shaking Street» non me lo compro, né me lo faccio registrare da chicchessia, e così risparmio pure sulla cassetta.


22 anni passano lentamente, si invecchia senza accorgersene ed il ricordo dei tempi andati ti lascia una canagliesca sensazione di nostalgia. Per cui, quando pochi mesi or sono la benemerita Area Pirata ristampa in cd «Shaking Street», con l'aggiunta del precedente ep «Double Shot», il mio primo pensiero, tutto d'un fiato, è «Machisenefregasenonèbellocome«Faces»,sonocomunqueiSickRose».
E vai, me lo sono comprato. Metto il dischetto nel lettore e «Oddio, la chitarra non è più fuzz, e Luca Re ha un tono di voce quasi normale!» e giunto alla fine sputo una storica sentenza: ‘fanculo a tutti quelli che nel 1989 mi fecero desistere dall'acquisto, questo disco spakka alla grande!
Molto diverso da «Faces», ma altrettanto valido. Laddove in «Faces» la fonte di ispirazione è rinvenibile nel Texas-punk di metà anni '60 (Moving Sidewalks su tutti, e sentite qua che roba), in «Shaking Street» cambiano le coordinate spazio-temporali: non c'è più "l'uomo del Farfisa" Rinaldo Doro, Diego Mese si scorda a casa i toni fuzz e viene affiancato da Jacopo Arrobio, ed il suono evolve dal primitivo e scarnificato garage-punk dell'esordio ad un eccitante e compatto rock'n'roll che rimette in pista i fantasmi di  MC5 e Real Kids (omaggiati con le riprese di «Shaking Street» e «Up Is Up», quest'ultima dal repertorio dei Taxi Boys) e soprattutto dei Flamin' Groovies (quelli proto-punk di «Slow Death» però).
«Little Girlie Pearl», «Like The Other Kids», «She Got», «A Kiss Is Not Enough» e soprattutto le splendide «Little Sister» (in assoluto, uno dei migliori pezzi dei Sick Rose) e «Teenage Nightdrive» sono la quintessenza del rock'n'roll stradaiolo; ritmo ritmo, ed ancora ritmo per ballare fino allo spossamento, tenuto perennemente alto da due chitarre che macinano riff su riff, una sezione ritmica "pestona" al punto giusto, un piano alla Jerry Lee Lewis che compare qua e là quando meno te lo aspetti (micidiali gli interventi in «Teenage Nightdrive»), e la voce di Luca Re che ti fa sognare di spingere sull'acceleratore lungo le highway che collegano Detroit a Boston, mentre invece sei davanti allo stereo, tra le solite quattro mura di casa tua.
Solo questo e nient'altro: «Shaking Street» non inventa nulla e paga debiti pesantissimi in termini di ispirazione ed attitudine al rock a stelle e strisce che incendiava le strade tra la fine degli anni '60 e '70. Ma ce ne fossero, al giorno d'oggi, dischi del genere.


E qui entra in ballo la nostalgia di cui sopra e che mi spinge ad appioppare cinque palle a «Shaking Street»: ascoltato all'epoca, quando in Italia circolavano gruppi come Boohoos, Not Moving, Birdmen Of Alkatraz, forse non risaltava nel modo giusto; ma, nel desolato panorama odierno, l'effetto è quello di una bomba H che esplode in una cristalleria. Cinque palle, non si discute.
E lunga vita ai Sick Rose, che da pochi giorni hanno licenziato il nuovo album «No Need For Speed» prodotto dal grande Dom Mariani (Stems, su tutto e tutti): fa bene al cuore che gente del genere sia ancora in giro.

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