Il 2005 musicale è stato l’anno delle rock band d’Oltremanica o giù di lì, l’anno delle next big things acclamate più che mai dalla stampa Londinese. A mente fredda oggi posso dire che solo poche sono state le band che hanno saputo conquistarmi, e nessuna di queste inglesi, ma bensì americane come gli “Spoon” e i “The Spinto Band” che vado ora a recensire. Questi sette statunitensi sono passati praticamente inosservati nella scena indie, oscurati dai vari Arctic Monkeys o Maximo Park e da un’ infinità di gruppi con più e meno talento. Il motivo, oltre al fatto che questi non sono inglesi, va forse cercato nella loro offerta musicale. Del tutto in controtendenza con il post-punk/new wave che caratterizza un po’ tutte le nuove rock band. I “The Spinto Band” propongono un rock all’antica se vogliamo, un rock d’atmosfera puntando sulla voce delicata del cantante, su chitarre soffici, mandolini e tastiere alla Hot Hot Heat. La loro musica è poesia pura, è un pop solare che si rifà un po’ a gruppi come gli Shins ad esempio, ma con un modo di fare tutto loro, sono raggianti, freschi e, seppur giovani, senza nessuna paura. Il disco si compone di molte perle, su tutte "Oh Mandy" che, attenzione, non si tratta della cover di Barry Manilow, ma bensì di un gran pezzo nel quale i sussurri del cantante vengono accompagnati da un mandolino, che attacca in stile U2 e prosegue poi a braccetto con la perfetta melodia creando una canzone rilassante ma allo stesso tempo divertente che finisce per rimanerti in testa. L’album si attesta su buoni livelli sino alla traccia 6, e poi con “Crack The Whip” un pop con accenni New Wave alla Franz Ferdinand, sale decisamente di tono e ti fa davvero innamorare di questo disco. La song numero sette è perfetta per un cartone animato alla Tom & Jerry con tanto di venticello in sottofondo, e suoni cupi che evocano in qualche modo un’ atmosfera natalizia. Poi arriva “Late”, un buon rock con batteria ad accompagnare un piano indiavolato, proprio "supersonic". La traccia nove è una ballata rock avvolgente dotata di un ritornello assolutamente catchy dovuto al piano sempre molto in gran spolvero. La numero dieci risulta essere quella maggiormente ad alto tasso rock, chitarra e basso sono per la prima e unica volta i veri protagonisti, ma il suono rimane comunque molto “dolce” sempre grazie alla voce timida del cantante. Nell’ultima traccia si nasconde un’altra grande canzone, brit pop suonato alla grande, coinvolgente, stile Pavement, una di quelle canzoni che non scordi mai e che riascolti volentieri qualche decina di volte. Sono un Mix di Pavement, Grandaddy, Shins ma con una loro originalità nei testi e in alcuni particolarissimi arrangiamenti, che sinceramente non ricordo sentito. Nell’anno più festaiolo dell’indie rock, tra Bloc Party e Maximo Park, questo ci voleva proprio… peccato che sia passato pressoché inosservato!
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