Funhouse fotografa perfettamente le peculiari caratteristiche del sound stoogesiano di inizio `70: suoni sporchi e crudi (a dispetto di un rock sempre più diretto verso una raffinazione degli stessi), voce roca e sguaiata, quasi il latrare di un cane (totalmente fuori luogo se confrontata con le ugole cristalline di altri cantanti del tempo, vedi Ian Gillian) e una onestà, una urgenza di base che trapela da ogni solco (attitudine alla base del successivo movimento punk).
Cosa dire delle varie tracce? Ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia, ma lo spazio è quello che è. Si inizia con "Down on the Street" e già l’Iguana esordisce con i suoi tipici guaiti. La canzone si dipana ossessiva e diretta, sorretta da una ritmica ossessiva. Poi si entra nel vivo del disco con una sequenza da brivido.
Prima "Loose", con un giro di basso FANTASTICO e Iggy che dichiara la sua dissolutezza morale e fisica. Stesso dicasi per “T.V. Eye”, (T.V. sta per “Thwart Vibe” liberalmente traducibile come “sguardo arrapato”, quindi niente a che spartire con il tubo catodico), che inizia con un “Lord” urlato a squarciagola e un incedere tanto semplice quanto coinvolgente, tutto intramezzato dal puro delirio vocale di Iggy.
"Dirt", con i suoi 7 minuti di incedere indolente, sembra una macabra liturgia voodoo. Si giunge al pezzo forte dell’album: 1970. Pezzo dal tiro mostruoso, che si conclude con una coda lisergica e impazzita a base di sax (?!) mentre Iggy continua a urlare "I feel alright!" Di per sé basterebbero queste 5 tracce per definirlo un capolavoro. La titletrack e la successiva “L.a. Blues”, quest’ultima 5 min. scarsi di improvvisazione tra noise e jazz, sono il suggello di uno dei dischi più importanti e più influenti degli ultimi 30 anni.
"She got a T.V Eye on me"
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