Si può utilizzare Platone per recensire un album?
Magari può essere un po' pretenzioso, ma per descrivere il nuovo lavoro dei The Strokes questa citazione calza a pennello.
"Angles" esce a ben cinque anni di distanza dal suo predecessore, il che in termini musicali equivale ad un'eternità, portando con se un carico di aspettative mastodontico, che per forza di cose fa scendere sotto il livello di guardia la lucidità con cui una persona si dovrebbe accostare a un disco.
Detto questo per eliminare un po' d'ansia, rispondiamo subito alla domanda principale.
"Angles" è un bell'album? Centra un obbiettivo? La risposta è si, ma con qualche riserva.
Il quarto album dei The Strokes è, per loro stessa ammissione, il primo lavoro corale e democratico che la band abbia mai affrontato. "Angles" non è più un lavoro di una singola persona plasmato da altre quattro, ma bensì è un lavoro a dieci mani.
Un'opera in cui confluiscono svariate fonti d'ispirazione, di stili, di scelte melodiche e strumentali, tenute insieme da quello che ormai possiamo definire fattore Strokes; ed ecco che appunto ritorna Platone.
Se prima c'era uno stile chiaro e diretto, ora ci ritroviamo di fronte ad una molteplicità di stimoli:
pop song anni 80, ritmi caraibici, elettronica, psichedelia, glam, ecc. e gli Strokes riescono benissimo a tenere insieme questo calderone dandogli un'inizio e una fine, in parole povere dandogli una precisa impronta sistematica.
Gli Strokes reinventano se stessi senza cedere a false sirene, ma anzi dimostrando anche di avere una buona dose di coraggio. Difatti "Angles" è principalmente un album da studio, difficilmente certe canzoni possono essere ricreate dal vivo con una formazione a cinque. Questa scelta dimostra che più che al prossimo tour, il quintetto newyorchese puntava ad una sincera ricerca e fusione sonora, e questo nel 2011 è tutt'altro che scontato.
Ma la democrazia si sa ha un prezzo, e gli Strokes l'hanno pagato.
Per strada hanno perso qualche elemento che li contraddistingueva, come la loro parte più rock e garage -"Angles" vira decisamente verso lidi più pop-, e la loro schiettezza ed incisività perdendosi a volte in qualche eccessivo gioco stilistico, che crea quel senso di confusione prima del tutto estraneo al gruppo.
Ma comunque resta il fatto che, sono riusciti a fare una delle cose più difficile in natura, sciogliere l'uno in molti e riportare i molti all'uno, e questo è già in se e per se un successo.
PS
Piccola nota per i fan degli Strokes. "Angles" non è e non sarà mai "Is This It", sono passati dieci anni, il mondo è cambiato gli Strokes sono cambiati e anche noi tutti siamo cambiati, ed è giusto che sia così.
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