La recente esplosione dei Greta Van Fleet ha aperto un dibattito sul revisionismo in campo musicale.

In particolar modo, ci si chiede quanto sia discutibile questa nuova moda di prendere di peso certi riferimenti (senza cambiarli di una virgola) e riproporli pari pari nel 2018. E approcciandoci a questo “Young & Dangerous”, seconda prova sulla lunga distanza dei The Struts, le domande sono le stesse; Luke Spiller, frontman senza dubbio estremamente dotato, eccentrico e carismatico, si fa vestire da Zandra Rhodes, costumista di Freddie Mercury. Già questo dice più o meno tutto, se non che oltre che ai Queen, la band del Derbyshire dichiara tra le proprie influenze nomi come The Darkness, Rolling Stones, Aerosmith, Oasis e Def Leppard. Tutta gente che ha sempre pescato nel glorioso passato del rock.

Quindi la domanda è: in che modo si dovrebbe valutare un disco saldamente e sfacciatamente ancorato al passato? Ponendosi una semplice domanda: i The Struts sono bravi? La riposta è sì. Indubbiamente sono estremamente incendiari dal vivo (se suoni bene e con carisma questo genere, è difficile non essere incisivi), ma qui parliamo di un album in studio, e si tratta di un disco assolutamente convincente.

Come già detto, non c’è traccia di novità tra i solchi di questa opera seconda: Spiller e soci propongono un classic rock cafone, irriverente e senza freni. Pescano qua e là come un bambino che si ritrova chiuso in una stanza piena di giocattoli, ed inizia a giochicchiare compulsivamente con tutto quello che gli capita a tiro: gli stracitati Queen (“Ashes”), i The Darkness (“Primadonna Like Me”), i primissimi The Killers (“Fire”), i Def Leppard (“Body Talks”, presente anche in una seconda versione in featuring con Kesha). Quasi nessuna band simbolo del rock viene lasciata da parte, in un frullato di chitarre, vocalizzi e produzione bombastica che farà la felicità di chi pensa che il rock sia ancora lì dove l’abbiamo lasciato.

“Young & Dangerous” è un bel disco, i The Struts ci sanno fare e i pezzi li sanno anche scrivere; può essere una discreta goduria per le orecchie, a patto di riuscire a non pensare a quanto suonino derivativi ed ancorati ad un trentennio che non tornerà più.

Insomma, per gli amanti del genere, o per chi all’interno di questo genere cerca qualcosa di nuovo, questo nuovo album può essere un ascolto davvero appagante e divertente. Se si cerca del rock ben suonato, ben scritto e cazzone al punto giusto, chiaramente.

Brano migliore: Fire (Part 1)

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