Con i suoi dolcissimi confetti psych-pop affogati nel neo-romanticismo wave di classe sopraffina, Kilimanjaro (1980) è un album che rapisce al primo ascolto, che coinvolge la sfera emotivà e la incanta a tal punto che ogni tentativo di disintossicazione sonora diventa vano.

Una sorpresa che rinnova la mia consumata passione per quella singolare figura di santone mistico/ecologico conosciuto con il nome di Julian Cope, un musicista che ha assorbito e capito l’essenza di tutto il rock sotterraneo (forse troppo, visto lo smodato uso di droghe), ma anche esperto di cultura druidica e storico/scrittore di argomenti diversi come il cosmic rock tedesco (raccontato e analizzato nel suo libro Krautrocksampler) e i luoghi mitologici del regno unito (il libro e il sito The Modern Antiquarian). Un’eccentrico giullare perso nel sogno di una realtà lontana, impegnato a reinterpretare con nuova enfasi romantico/decadente le filastrocche visionarie di Syd Barrett e Jim Morrison e ad esprimere il suo pessimismo per i mali che affliggono il mondo.

La sua storia ha inizio con i Teardrop Explodes, un gruppo di Liverpool illuminato dalle seminali intuizioni di maestri come Television e Brian Eno e orientato verso l’ala neo-psichedelica della new wave britannica, quella popolata da gruppi come Soft Boys, Xtc, Echo And The Bunnymen. Canzoni come Treason, Went Crazy, Reward, Sleeping Gas, Bouncing Babies per citarne alcune, sono esempi di melodia malinconica e stralunata, accompagnata da imprevedibili sciabolate di chitarre garage, ritmiche punk, fiati funky, tastiere che ricordano molto i Doors e le band farfisa degli anni sessanta. In certi momenti ci si trova davanti a pezzi che sembrano usciti direttamente dalla penna di Robert Smith, ma con dei Cure indirizzati verso percorsi lisergici d’antica memoria. L’instabilità e le divergenze di opinione sono gli elementi che porteranno la band a sciogliersi, lasciando l’anno successivo la testimonianza di un secondo episodio Wilder e un terzo album incompiuto Everybody Wants To Shag. Cope da quel momento avrà modo di iniziare una strabiliante carriera solista, sfornando negli anni 80 delle pietre miliari del rock inglese come World Shut Your Mouth e Fried.

Nei '90 il coraggio di rimettersi in gioco, conoscendo una seconda giovinezza artistica con uscite discografiche sempre più eccentriche e bizzarre (Peggy Suicide, Jehovahkill, Autogeddon, 20mothers), caratterizzate da evidenti contaminazioni con il folk barrettiano, l’hard rock, il krautrock, l’elettronica (Queen Elizabeth) , la sperimentazione strumentale (Rite, Odin) e  la recente rivisitazione del suono stooges con il progetto Brain Donor.
Un capolavoro misconosciuto stràconsigliato a tutti gli amanti della buona vecchia wave. Tiè:)

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