Ho sempre considerato Lou Reed per diverse ragioni come la rock star per eccellenza. Nessuno come lui ha incarnato nella sua persona e nelle sue produzioni tutte quelle che sono le contraddizioni del rock'n'roll. Praticamente una grande presa in giro.
Una personalità controversa e in realtà molto sofferente, Lou Reed assumeva atteggiamenti arroganti e da divo e pubblicava dischi che sono per la maggior parte spazzatura, ma come avrebbe potuto essere altrimenti se era incastrato in una situazione psicologicamente così complessa. La verità era che Lou odiava se stesso e è forse venuto a compromessi in questa lotta interiore solo negli ultimi anni della sua vita.
Come dobbiamo intendere in questo senso 'Metal Machine Music' (RCA, 1975) dunque? Quale modo migliore per una personalità così complessa per autodistruggersi se non quella che dare vita a un disco che è inascoltabile e che lui stesso ha dichiarato di non avere mai ascoltato dall'inizio alla fine e che anzi praticamente non aveva una fine vera e propria per quel trucchetto che faceva suonare l'ultimo solco del vinile all'infinito. 'Metal Machine Music' è espressione di furore artistico ma anche di cieca rabbia contro se stessi. Nessuna consapevolezza. Nel corso degli anni questo disco è stato veramente influente e non sto dicendo che questo sia stato casuale, ma la sua riuscita è dovuta a quella che possiamo definire inconsapevolezza.
Nel 2017, quaranta anni dopo, non c'è tuttavia quella stessa inconsapevolezza nella produzione discografica dei Telescopes di Stephen Lawrie, che al contrario dimostra di sapere padroneggiare alla perfezione quelle sonorità noise rock che nel caso di questa band originaria di Burton upon Trent nello Staffordshire, Inghilterra, non costituiscono infatti sperimentazione vera e propria, ma consapevole avanguardia e conoscenza del suono da ogni punto di vista musicale e concettuale.
'As Light Return' consiste effettivamente in una sapiente manipolazione degli spazi vuoti in cui onde sonore cariche di fuzz, feedback e distorsioni compongono musica che non sia solo avanguardia fine a se stessa, ma quello che è un disco vero e proprio fatto di canzoni che colpiscono dritte al cuore e al sistema nervoso degli ascoltatori. A volte senza trascurare la componente melodica, come in 'You Can't Reach What You Hunger', che può ricordare gli episodi più rumorosi dei Jesus and Mary Chain come alcuni lavori dei Brian Jonestown Massacre del decennio scorso, oppure nel caso del furore di 'Something In My Brain', una traccia strumentale nella quale fa la comparsa il fantasma di Kurt Cobain di 'Bleach'; la lunga litania ossessiva di 'Hand Full Of Ashes'. Al contrario possiamo consideare 'Down On Me' e i conclusivi quindici minuti di 'Handful Of Ashes' come tracce più tipicamente noise strumentali: la prima è una specie di mantra drone con dei rimandi alla cultura new-age, si propone come una composizione dai contenuti meditativi e che lasciano immaginare idealmente quelli che sono i cambiamenti da uno stato all'altro nel mondo della chimica, secondo le alterazioni di ogni punto di equilibrio; la seconda è una specie di happening caratterizzato da sonorità post-industrial e visioni subliminali espressioniste e dall'alto contenuto emozionale.
Realizzato da Stephen Lawrie con la collaborazione dei membri della band St. Deluxe (già suoi collaboratori in passato) e registrato presso il Riverside Music Complex di Glasgow, 'As Light Return' è un altro capitolo di quella musica che chiamiamo avanguardia. Lo shoegaze qui non c'entra niente, se questo ha considerato una fase della storia dei Telescopes, di quelle sonorità non rimane che una certa traccia solo nella componente emotiva che è in ogni caso presente anche nelle composizioni più oscure e rumoriste e in quel confine tra musica e ossessione dove poche altre band contemporanee riescono a muoversi con la stessa naturalezza.
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