Il sangue giovane del rock
Non sempre la tv fa male. Nel Regno Unito l'emittente 4music trasmette in questi giorni (agosto 2009) un breve spot che introduce la programmazione musicale estiva: un gruppo di ragazzi in campeggio, un concerto serale, atmosfera felice, amori, tramonti. Ad accompagnare le immagini non è la solita summer hit, ma un brano atipico, melodico ed ipnotico, insomma da colpo di fulmine. Impossibile resistere alla curiosità di compiere qualche ricerca in rete. Complice la fortuna il titolo salta fuori: si tratta di "Sweet Disposition", pezzo già noto al pubblico anglosassone, praticamente sconosciuto in Italia. Loro sono i The Temper Trap, band Australiana ormai naturalizzata inglese, che sta facendo parlar di se ancor prima della uscita ufficiale del primo album in studio, "Conditions", prevista per fine agosto.
E di "Conditions" si vuole parlare in questa breve recensione, probabilmente la prima in Italia sulla band di Melbourne.
"Conditions" rappresenta l'esordio sorprendente ma misurato di una giovane band dotata di grande talento. Band che in apparenza non insegue il facile successo, ma intende affermarsi costruendo la propria personalità musicale, che sembra accuratamente evitare il singolone ammiccante da chart puntando invece sulla coerenza complessiva dell'album. Nelle dieci tracce risultano evidenti le contaminazioni estetiche del rock più recente, ma soprattutto il lavoro compiuto su ogni singolo brano. I TTT sembrano conoscere a perfezione la struttura della rocksong, riuscendo a declinarla senza mai risultare ripetitivi o eccessivi. Il loro rock è potente e melodico, dotato di una ritmica pulsante supportata da un'elettronica dosata con sapienza ed in cui risulta evidente il contributo del produttore inglese Jim Abbiss (UNKLE, Adele, Arctic Monkeys). Infine, la voce di Dougy Mandagi: emozionante e potente ricorda spesso le inarrivabili sfumature vocali di Tom Yorke.
•1. "Love lost"
Tastiera ambient e l'intensa voce di Dougy Mandagi introducono il brano che prosegue potente ricordando (soprattutto nelle chitarre) alcuni indimenticabili capitoli dei Coldplay.
•2. "Rest"
Da brivido. Elettronica elegante (Trentemoller) e ritmo pulsante che non lascia scampo. Il cantato finale è alla Tom Yorke.
•3. "Sweet Disposition"
Il colpo di fulmine. Primo capolavoro del disco. Forse un involontario tributo al suono e al ritmo dei primi U2. Supportata da un testo semplice e mai banale, ha il profumo degli ultimi giorni dell'estate, carichi di malinconia e della voglia di vivere ogni istante. Da ascoltare till it's over...
•4. "Down River"
Brano ammiccante il cui cantato - portato volontariamente al limite eufonico - gioca ruolo centrale. Stop e riprese mutuati da Coldplay e Franz Ferdinand.
•5. "Soldier On"
Il brano successivo ritorna alla melodia, introdotto da un giro di chitarra acustica e dalla sofferta voce di Dougy Mandagi che ricorda Jeff Buckley. Ballata dal sapore stelle e strisce con finale epico nella migliore tradizione rock.
•6. "Fader"
Potenziale singolo dotato di un base ritmica trascinante e melodie da brano senza tempo.
•7. "Fools"
Esercizio di stile sul tema del rock melodico che incrocia ancora una volta chitarra Edgiana con atmosfere ambient. Falsetto e ritornello di facile presa.
•8. "Resurrection"
Ennesimo episodio nato dalla capacità del gruppo di creare brani originali fondendo diverse estetiche rock. Anche in questo caso il finale è potente, in piena tradizione rock and roll.
•9. "Science of Fear"
Secondo capolavoro del disco. Voce sensuale e liriche intense supportate da una sezione ritmica perfetta e dall'emozionante incedere degli archi. Epica e malinconica quanto i brani più intensi dei Radiohead (fa capolino "Jigsaw Falling Into Place").
•10. "Drum song"
Brano strumentale che riporta ai Cure di Disintegration e Faith.
Recensione di Arturo Tedeschi
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